martedì 29 gennaio 2013

"Addio, Lenin!"



Questa mattina mi sono svegliata strana. Non posso dire del tutto felice, perché queste sono quelle cose felici che però ti rendono triste, che ti fanno sentire "strana", fuori posto, sbagliata.

Nell'ultima fase della mia ultima dormiveglia di questa mattina, e posso anche dire più o meno quando, tra le otto e un quarto e le nove meno un quarto, ho fatto questo sogno.

Ero Alex (interpretato da Daniel Brhul) in "Goodbye, Lenin!". Ero all'inizio del film. Ma era un inizio diverso, che prometteva anche un proseguimento diverso. Mi sembrava di stare in un cunicolo sotterraneo che sbucava perpendicolarmente alla traiettoria di un treno. E vedo passarmi davanti il treno veloce nel buio. Andava ad Ovest. Uscito (perché ero un ragazzo) dal cunicolo ho cominciato a correre, inseguendo quel treno. E con me una guardia. Il treno si ferma su ordine di quella guardia. E da lì ne scende un'altra, di guardia. Mi osserva, mi scruta, cerca di studiarmi. Ho due cose tra le mani. Ma io ne ricordo solo una. Una bandiera, dell'Ovest. La seconda guardia la prende, e senza il minimo sforzo fisico, riesce a stracciarla. Ma in quel momento, io ho sentito, che pure immobile, non perdevo dignità.

Avevo le mie idee, e non le barattavo in cambio di nulla. Non ero una radicale, non ero neanche di sinistra, non sono mai stata neanche lontanamente comunista. Però avevo questo atteggiamento, non violento, ma dal pugno fermo. Forse avevo il cervello bacato per poter accettare delle idee diverse dalle mie, se le mie avevano solide basi (sono, ripeto, sempre stata una persona curiosa, quindi non è che non cambiassi idea, ma le idee più convinte le portavo avanti contro tutto e tutti.).
Ora che va meglio, ora che sono cambiata, ora che sono più sciolta, ora che volente o nolente mi piaccio, ora che dovrei sentirmi "me", ora che, crescendo dovrei aver capito chi sono (senza smettere però di conoscermi negli anni), sento di essere più di prima, di avere più di prima, ma non so definire cosa o chi io realmente sia. Una sola cosa forse l'ho capita, ed è una cosa orribile:

Ho imparato a scendere a compromessi, con tutto e con il mondo, e questo può essere 'ragionevole' e 'pacifico' quanto voglio, ma non mi assicura un posto in paradiso, né (soprattutto) di essere sempre protagonista della mia vita.


Questo film, lo trovo un CAPOLAVORO. Stavo per vederlo circa cinque o sei anni fa, ma poi nella scena iniziale vidi un povero ragazzo al quale spezzarono una gamba e allora decisi di fermarmi e non continuare (per quanto io in realtà non mi sia mai fatta questo genere di problemi, nel vedere film, ad eccezione di "Hostel"). Poi scoprii che le musiche del film erano di Yann Tiersen, uno dei miei compositori contemporanei preferiti, ed allora decisi che invece il film l'avrei visto, anche perché il tema, lo sentivo molto vicino a me. Purtroppo l'ho visto soltanto l'anno scorso, chissà, forse proprio in questo periodo. Il tema principale ovviamente non riguarda l'Unione Sovietica o la Germania in sé, né tanto meno la fine del comunismo. Questa, cinematograficamente parlando, potrebbe essere la sinossi, ovvero il contorno, lo sfondo. Il tema del film riguarda l'amore, e cioè fin dove l'amore di un figlio possa arrivare per una madre. Non può non  far salire un magone in gola osservare tutto quello che Alex, nei minimi particolari, fa per amore della madre, e nemmeno non può colpire però quella stessa sinossi, la fine del comunismo. A me quel magone, per entrambi i motivi, mi sale. E mi fa male e bene allo stesso tempo. Quasi non riesco a spiegarlo. Forse nessuno potrà mai spiegare questa sensazione. 
Ecco avevo delle cose da dirvi, sulla bellezza di questo film, ma questo groppo in gola un po' me lo impedisce. Quindi addio. Vado alle mie cose. Cercherò di non pensarci, anche perché (come giustamente può pensare un estraneo che legge queste parole) non ha senso (come direbbe un mio amico "Non fa niente"), è un problema che non è un problema. Ma questa cosa in me esiste.

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