martedì 6 agosto 2013

'Ha ceduto lui, per tutti e due.'


Affannati, per nulla stanchi. Sudati, ma soddisfatti. Ognuno torna al posto suo. E avvolta disordinatamente in quelle lenzuola, una gamba si e l'altra no, cerca confusamente di coprirsi, per pudore. Perché per fortuna esiste anche in questo un po' di pudore. Il tempo di riprendersi e tornare in sé, che si alza.
<<Dove vai?>>
<<Vado a farmi una doccia. Non preoccuparti, userò l'acqua fredda e ti lascerò tutta quella calda>>. E, prima di chiudersi dentro il bagno, gli fa un occhiolino, come, un po' furbetta, a prenderlo in giro. "E certo" pensa lui "che ti fai una doccia fredda. Si muore di caldo. Mica mi lasci un'acqua che userò. Mica lo fai per altruismo". Ma quel suo modo birbante di fare, gli piace, e come se gli piace.

Dentro. Non ha voglia di perdere troppo tempo, come al suo solito, nel bagno. Vuole essere rapida questa volta. Non ha voglia di farsi tutti quegli ingrippi mentali che solitamente lei, come altri milioni di persone, si fa proprio sotto la doccia. Si sa, quando si sta troppo tempo in bagno i motivi sono due, e tralasciando il primo, il secondo è proprio questo: pensare ai misteri della vita, filosofeggiare. Ma perché in bagno?
E difatti, l'unica cosa che riesce a pensare in quei pochi minuti mentre si insapona, è che in realtà, anche volendo, non avrebbe potuto lasciargli dell'acqua calda, perché non ve n'è neanche di leggermente tiepida, giusto per non prendersi un malanno a causa di un getto troppo gelido. Il tutto rigorosamente a voce, bassa, ma a voce.

Fuori. Sarà che il caldo ha smesso di alternarsi con le tenui e discontinue folate di vento improvvise, e comincia a dominare incontrastato quell'ambiente, ma si respira un' aria diversa, rispetto al dentro. Molti pensieri. Silenzio. Pensieri dunque che si pensano. Anche in questo diversi. Eppure dei due l'istintivo è lui. E' lui che ha un'amante, è lui che propone, quasi forse impone, incontri all'ultimo minuto, è lui che non riesce a trattenersi, né vuole, quando vede una bella ragazza, è lui che senza, appunto, pensarci, deve godere di ogni attimo della vita, senza considerare minimamente le possibili conseguenze. E lei, invece, riflessiva. Lei ha sempre rovinato tutto, perché ha sempre razionalizzato tutto, ha sempre usato troppo il cervello, pensato e pensato e ripensato. A quello che la gente avrebbe potuto dire, a quello che lei avrebbe potuto giudicare, a quello che si sarebbe rovinato, a quello che avrebbe potuto perdere, a quello che sarebbe potuto valerne la pena o meno, rinunciando a quelle gioie dell'istinto che ha sempre desiderato provare. Ed ora dentro, vuoto, tranquillità, attimi dietro attimi, così. Ed ora fuori: pensieri che si pensano. 
La porta è di nuovo aperta. Sorridente esce mentre finisce di avvolgere i capelli dentro una piccola asciugamano a mo' di turbante.
Ha sempre avuto un sentimento contrastante circa i suoi sorrisi. A volte lo lusingano, perché comprende la genuinità di quella semplice donna. Non la conosce profondamente, né mai, almeno gli sembra, gli è interessato farlo; eppure percepisce che lei, per lui, è un libro aperto, ma senza nessuna pretesa, senza alcuna machiavellica aspirazione ultima. Altre volte, invece, quegli stessi sorrisi lo disorientano; forse quel modo timido di fare, unica forma di istintività presente in lei, lo fanno sentire come lui odia sentirsi: un superiore. Questo problema non è causato solo da lei, ma da tutte le sue partner; o meglio, per essere del tutto sinceri, questa seccatura dipende solo ed unicamente da lui. E' la sua condizione, la sua persona, a dargli fastidio. In alcuni giorni, predilige quell'essere, o quantomeno quel sentirsi, in un gradino più in alto, può sfruttarlo a suo vantaggio, perché lo rende sicuro e deciso, sfacciatamente in potere d'ogni cosa; altre volte, invece, lo considera una condanna, perché appunto, non può abbassare la guardia; è più forte di lui, ma proprio non riesce a fidarsi. E' molto istintivo, sì, ma questo non preclude un'istintiva fiducia. Anzi, si contano sulle dita di una mano le volte in cui si è fidato, e delle persone più scontate, parte della famiglia.
E basta poco, ed è un attimo. Coglie al volo l'occasione. Decide. Fa una scelta tra quella genuinità e la difesa. Sfrutta questa sua debolezza proprio adesso. Per l'ennesima volta, vuole salvaguardarsi, salvaguardare quanto di importante nella sua vita crede ci sia da salvaguardare. E questo la dice lunga sulla faccenda. 
<<Ti avviso: di acqua calda neanche l'ombra. Infatti credo che questi capelli non si asciugheranno mai, tra il gelo ed il sudore>>.
<<Adesso mica ti aspetterai che faremo colazione insieme, in questo letto?>>
<<Cosa? Che significa?>>
<<Come a giocare all'allegra famiglia?>>
<<Di cosa stai parlando? Arriva al dunque>>. Ora indispettita.
<<Io ho una ragazza, una fidanzata. Lo sai?>>
<<Sì, lo so. E con questo? Qual'è il problema? Nessuno ti ha chiesto niente, lo sai benissimo>>. Incredula. Odia trovarsi repentinamente in queste situazioni, senza alcun preavviso. L'aveva lasciato disteso, non solo allegoricamente, con i gomiti poggiati, su quel letto, che lo sollevavano di poco, e con quei suoi occhi azzurri come il cielo che le sorridevano, prima di far ricadere la testa all'indietro, rilassato, forse addirittura un po' dispiaciuto per quel suo breve allontanamento, desideroso di farla in due quella doccia. E se lo ritrova davanti così, serioso, arrogante, scattoso. 
<<Non sarai tu quella che presenterò mai alla mia famiglia, non sarai tu quella che conoscerà i miei nipotini, non sarai tu quella che inviterò alle feste. Questo devi saperlo>>
<<Di cosa ti preoccupi? Non me ne sono mai preoccupata io di tutte queste cose, vuoi preoccupartene tu per me? Mi sembra tutto fuori luogo quello che stai dicendo. Non ti ho neanche chiesto di fare colazione. Sei partito a razzo tu. Stai tranquillo, questa 'storia', l'hai voluta tu, e, nata senza pretese, senza pretese finirà>>.
<<Ok. Volevo solo chiarire alcuni punti>>. Chiude superbamente, e se ne va, a lavarsi.
Ancora non riesce a credere alle sue parole, alla sua prepotenza. Un minimo lo conosceva, pochissimo, ma lo conosceva. Sapeva che lui era un presuntuoso, pedante, permaloso, ma anche un amante sciolto e disinvolto, senza troppe preoccupazioni, soprattutto quando si parlava di piaceri e divertimento. E ad un tratto si sente troppo stupida. Stupida per aver discusso ed essere rimasta lì, a cercare di calmarsi, calmarlo, e a cercare di sistemare le cose, piuttosto che essere andata via, come una qualsiasi disinteressata avrebbe fatto. Si sente usata. Che poi, sostanzialmente, entrambi si sono 'usati', questo lei lo sapeva dall'inizio, così è nato il "fatto". Ma, un po' per il gusto del proibito, un po' per le strane affinità, questa illegittima avventura si è prolungata, più del dovuto, più di quello che era stato pianificato, cominciando ad essere un po' fuori dalla loro portata. Quindi il problema non è il sentirsi usata, ma estremamente usata, come se quel patto iniziale adesso l'avesse profondamente violata. Forse, questa è la spiegazione. Forse
Non sa se sentirsi triste, o nervosa. Ed è un istante. Questa volta è lei a scegliere il meglio per sé. Nervosa. Immediatamente prende la biancheria intima nuova dal piccolo trolley, e poi il primo vestito che le capita tra le mani, effettivamente è molto bello per una fuga, sportivo con delle scarpette, ma particolarmente elegante con un paio di decolleté o sandali alti: nero con un scollo lungo ad incrocio, un fiocchetto in vita, lateralmente, e corto alle ginocchia ma con una coda molto più lunga, fino alle caviglie. Ovviamente opta per la comodità: superga bianche, perfette per un'evasione. Ripone i pochi effetti personali che riesce a notare nella stanza, e se ne va.
Uscito dal bagno, con a stento un asciugamano in vita, che quasi svogliatamente si tiene su coprendogli le parti intime, ancora non si accorge del vuoto nella stanza. "Sarà nella cucina" pensa "magari a preparare per davvero una buona colazione". E, un po' in colpa per la durezza delle parole e del tono usati prima, decide di andare di là ed essere carino con lei, che effettivamente non ha mai fatto alcuna richiesta esageratamente invadente. Un modo per farsi perdonare lo troverà, ne è certo. Ma nel piccolo cucinino lei non c'è. Solo la porta in legno è spalancata. Dove sarà andata? Esce da quel riparo per vedere se è fuori a fare le sue solite strane cose, come guardare quella distesa di grano, o a respirare quell'aria di campagna che non gli è per niente familiare. E la vede. Ma non sta facendo nulla di tutto questo; in lontananza, a passo deciso, con un' andatura costantemente incalzante se ne sta andando, senza essersi, fin'ora, mai girata indietro. E non ci pensa due secondi, non rientra neanche per mettersi un pantaloncino. Mantenendosi l'asciugamano per non farla cadere comincia a correre e a chiamarla. Ma lei continua, va per la sua strada. Non ha intenzione di sentirsi come prima: una stupida estremamente usata. Non lo si direbbe, ma è una persona molto orgogliosa. Non vuole cedere questa volta. Lei non vuole cedere mai, e non cede mai; per questo perde sempre. Ed è così tanto abituato a correre che in pochissimi secondi, riesce a raggiungerla. Poi si ferma, le urla contro, non riceve risposta, e non capisce. Ed è giunto il momento di farlo, quel passo, è arrivato il tempo di coglierla, quella nuova e diversa opportunità. Un altro paio di passi, allunga il braccio ma immediatamente lo ritira. Pensa. Un altro passo ancora. E le salta addosso da dietro, l'abbraccia, la stringe, la soffoca quasi. Tutto in una frazione di secondo, tutto inconsapevolmente pensato.
<<Non voglio lasciarti andare via! Non te ne andare!>>
Lei si dimena, urla, <<Lasciami! Lasciami! Mi devi lasciare! Voglio andarmene!>>, e lui continua e per averla sotto controllo la alza da terra, ma lei si lancia in avanti e poi in indietro, comincia a scalciare, ma la presa è troppo forte, lui è un omone dalle spalle larghe e le braccia possenti, grande e grosso, 1,90 d'altezza, credo possa bastare già questo per rendere l'idea. E in quell'istante, quel gesto, gli ricorda una sua vecchia confessione. Non ha ricevuto molti o troppi abbracci nella sua vita, ne ha sempre sentito, e ancora adesso ne sente, la mancanza, la carenza; e quando è nervosa, l'unico ed il solo modo per calmarla è stringerla forte forte, più forte che si può, bisogna farle pressione sul torace, quasi come se la si volesse sul serio soffocare. Allora il respiro si fa meno affannato, riprende ad essere più lento e costante, regolare. Si calma. Si ferma. Lui allenta un po' la presa, ma non la lascia.
<<Andrà tutto bene>> le sussurra con il suo vocione inconfondibile <<Andrà tutto bene. Sei con me...>>
<<.....>> Ancora recupera fiato.
Ha ceduto lui, per tutti e due
Insieme cadono, o meglio, si lasciano cadere a terra, in ginocchio, adagiati quasi, con le loro forme perfettamente combacianti. E mentre le carezza la chioma dai riflessi rame, continua a tenerla, cullandola. E non si dicono più nulla. Nessuno dei due sente il bisogno di proferir parola alcuna. Il nervoso piano piano sembra andare via. Nulla. Alcuni minuti dopo amorevolmente lui le bacia la fronte all'altezza della tempia sinistra. Se passasse qualcuno di lì, ora, in questo preciso istante, se ne fregherebbe; se ne fregherebbe di essere visto mezzo nudo in una campagna sperduta della Francia, se ne fregherebbe di essere visto abbracciato a terra, tra i campi di grano dorati, ad una delle solite tante; e se ne fregherebbe non come fa di solito, non per il gusto di mostrare al mondo intero di aver violato l'ennesima regola, legale o morale che sia, non per il fatto che il suo temperamento è ribelle per natura e deve, ancora una volta, mostrarlo, quasi a marcare un territorio che non dev'essere giudicato, tanto, lui se n'è sempre fregato dei giudizi altrui, anche quando è stato costretto ad ascoltare, non ha lasciato che uno di quei giudizi invadesse il suo animo, costringendolo ad essere diverso da quello che sa di essere; semplicemente se ne fregherebbe perché quella che stringe tra le braccia non è un trofeo da esposizione; per quanto lui possa fingere, nel tentativo di mantenere sotto controllo la sua vita, quella donna è stata importante sin dall'inizio, dalla prima volta che l'ha vista, quando entrò per caso, senza alcun senso, in quella vecchia libreria. Eppure non è affatto una bella ragazza oggettivamente, e ancor meno lo era in quel giorno, quando lui varcò la soglia di quella porta in vetro e legno. Era su di una scala per riporre alcuni libri nello scaffale in alto, nella loro giusta categoria, quando una volta scesa si girò per essergli utile e gli sorrise, come ha sempre fatto con qualsiasi altro cliente. Ma lui era un cliente speciale, anzi: un non-cliente, dal momento in cui non doveva comprare nulla, ma era lì solo, come è già stato detto, perché le circostanze lo avevano portato; e, non resistendo a quella ragazza così gentile, laboriosa, così spassionatamente premurosa, il cui sorriso l'aveva colpito così tanto, cosa che, a differenza di tutte le altre occasioni capitate, perché a lui ne capitano, e parecchie, non gli pesava affatto, decise di comprare un libro di geografia, il primo argomento che gli era venuto in mente. Soltanto che nei giorni e nelle settimane successive tornò più e più volte in quel negozio, prima comprando ancora libri che non avrebbe mai letto, poi passando per caso semplicemente per un saluto. E a questo punto della storia, le circostanze non hanno più alcun potere.
Ma per quanto lui possa fingere, nel tentativo di mantenere sotto controllo la sua vita, quella che da poco, e per la prima volta, ha cercato di programmare, non può nascondere a se stesso quello che, da un po' di tempo, è cambiato. Per questo non ha mai voluto programmare la sua vita, e certo è stato un errore farlo, farlo proprio adesso, che tutto è diventato più difficile, fuori controllo. Come spiegare, a lei, a loro, agli altri; come annullare tutto ciò che è praticamente già pronto. Questa evasione, inconfessato segreto francese, gli sarebbe dovuta servire per chiudere una volta e per tutte quella porta. Ed una porta certamente sta per chiudersi, ma non è proprio quella "programmata".
Prende in mano la situazione. Abbassa la guardia. Si alza per primo, e con sé, tira sù anche lei. La volta, la guarda, e con le sue mani, lievemente, ma con un fare molto protettivo, le stringe le guance, avvicinandole il viso al suo: la guarda ancora meglio, prima negli occhi, poi, in un solo attimo, quasi interminabile, confusamente scruta ogni piccolo dettaglio del suo volto sfatto, ma nonostante tutto, ancora molto grazioso. Ed un bacio, un solo unico bacio, a stampo, lento, ma allo stesso tempo rapido, fugace, sentito. E, dopo essersi aggiustato l'asciugamano, con un gesto affettuosamente paterno la prende in braccio, sostenendola con il solo sinistro, mentre con il destro prende il trolley trascinandolo via con sé, ed insieme fanno ritorno in quel nido appartato, nascosto, isolato. 


Fu Gravemente Romantico


Simbolicamente pubblico questa canzone, una delle più gioiose, musicalmente parlando, per quest'immagine, ma in realtà dovrei pubblicare tutte quelle che conosco dei Coeur De Pirate. Buon ascolto, e soprattutto (spero!) buona lettura.



domenica 4 agosto 2013

'Vibrazioni'


La musica. Da poco mi sono resa conto di una cosa. Sì lo so, vi renderete conto che non ho certamente fatto la scoperta del secolo, ma per una un po' azzeccata come me, e credo che in questo non mi si possa contraddire, scoprire qualche cosa di nuovo, proprio riguardo la musica, sia una grande emozione, sempre e comunque. Spesso penso ai sordi. In generale ai disabili. Come può un cieco capire il giallo, o il verde? Per i ciechi ancora non mi sono fatta un'idea chiara, ma per i sordi.... Un sordo. Come può un sordo comprendere il suono melodico di un dolce pianoforte? Come può comprendere, sempre quello stesso sordo, la freschezza di una chitarra spagnola? Come può, quello sfortunato, comprendere la straordinarietà che c'è dietro una fisarmonica? Come può piangere all'ascolto di un violino ai limiti del sensoriale? Come può cogliere l'emozione di un flauto di pan? Come può capire il ritmo? Come può cogliere quelle vibrazioni nel cuore? Ecco. Vibrazioni. Mai parola fu più azzeccata di questa.
Ultimamente non sto acoltando la musica attraverso cuffiette, piccole o grandi che siano, perché sto provando una sorta di insofferenza alle orecchie. Allora mi stendo, a terra o sul divano, col ventilatore rivolto verso di me, e metto l'I-phone, a mo' di mp3, sullo sterno. Ecco. Vibrazioni. Ricevo tutto, forse troppo poco, perché lo strumento non è progettato per questo; non è, ecco, funzionale. Ma un po' di vibrazioni ne ricevo. Sono quelle vibrazioni che si avvicinano molto a quelle dell'amore, diverse perché rispetto ad esse sono esterne, non interne, non vengono da dentro, vengono da fuori e cercano di conquistare il dentro.  So che esistono dei modi grazie ai quali i sordi possono ascoltare musica, ad esempio con  suoni ultra- e/o sub-sonici. Ma credo sia straordinario il modo in cui, senza alcun suono, le persone disabili possano, almeno un pochino, avvicinarsi alla sensazione che un non disabile, prova ascoltando la musica; ma, anche se non sono mai stata totalmente sorda e quindi non posso comprendere, sicuramente non è la stessa cosa, una vibrazione è una vibrazione, un suono è un suono. Però lo trovo comunque straordinario. Era solo la mia considerazione.