lunedì 9 dicembre 2013

Incompleta


Ed eccola che cammina, nel primo pomeriggio, per quelle strade, tra la gente. Il freddo non è poi così tanto rigido. I capelli morbidi, da poco lavati, disordinatamente tentano di liberarsi da quell'incastro naturale con la sciarpa beige. Alcuni ci riescono. Il parca che indossa è caldo, forse anche troppo, dal momento che preferisce tenerlo aperto, lasciando intravedere il suo maglione allegramente colorato. E neanche le piace come si è vestita, ma tutto, oggi, ha un sapore diverso. E' ansiosa, senza alcun dubbio, ma fiduciosa. Niente potrebbe rovinare quel suo sentirsi 'completa', oggi.
Sotto Port'alba, eccola che cammina sorridendo, mentre ascolta una canzone. D'improvviso occhi negli occhi, corpo a corpo. Con disinteresse, con distrazione. Un colpo. Due colpi, tre colpi, quattro colpi. Cinque colpi. Tutti rapidi, istantanei, folli. Lei, così forte, così combattiva, prova una sensazione nuova: il vuoto nelle gambe, sotto i piedi. Lo guarda ancora, questa volta con attenzione. L'ultima volta. Non ha la forza di dire nulla. E si accascia a terra.

Non sopportiamo di non conoscere il perché. Ma spesso le cose accadono, e non esiste perché che possa soddisfarci. 

Rick Berry, Vanish - Cabaret Butoh series


martedì 26 novembre 2013

Nel ricordo del mese di Novembre



Guy Denning - Das Heilige Wort

 

Il mio cuore è vivo.
Il mio cuore è clinicamente vivo.
Il mio cuore è soltanto clinicamente vivo.





Katerina Ganchak - More Then


Io non provo niente quando lui mi bacia.
Io non provo niente quando lui, perfetto sconosciuto, mi bacia.
Io non provo niente quando lui, tutto ciò che ho sempre desiderato avere, mi bacia.
Io non provo niente. 
Neanche qualcosa che, proprio per questo, possa lontanamente avvicinarsi all'idea di 'quotidianità'.




Zdzislaw Beksinski - Prendimi la pelle di un tempo


Non posso chiedere abbracci.
Non posso pretendere lunghi abbracci.
Perché gli abbracci lunghi sono intimi, impegnativi.
Non posso violarmi così.
Non posso prendermi gioco di me stessa così indisturbatamente.
L'abbraccio di chiunque per la mancanza di qualcuno.





Joseph Lorusso - Lovers & Lautrec

Nel ricordo del mese di Novembre.
Forse non voglio che passi.

giovedì 21 novembre 2013

Oggi è il giorno dopo

Andre Kohn

E tu, ogni volta che ti vedo...ed il giorno dopo il dubbio. Oggi...
Oggi è il giorno dopo, il dubbio diventa una certezza.
Mi sbaglierò per certo. 

lunedì 4 novembre 2013

E' che mi dà calore quando tutto intorno è freddo.

Victor Nizovtsev - Parco a Saint Petersburg

E' che mi dà calore quando tutto intorno è freddo.

Per molti Amedeo Minghi è l'ultimo dei cantautori, perché scrive canzoni dalle rime facili, banali forse. Ma cosa ben peggiore: non piace perché considerato triste, o da vecchi.
In passato mi hanno fatto vergognare di questa cosa, ma io lo ascolto, e non me ne vergogno più: sarà una passione materna tramandatami da piccola, quando già mi emozionavo con Decenni, forse ero una malinconica conservatrice già allora.
Per me è un poeta d'amore. Riesce a trasmettermi l'amore che lui ha provato, e se non l'ha provato realmente, si è immedesimato benissimo nella parte. E', secondo me, un uomo pieno d'amore.
E poi volente o nolente, le sue canzoni hanno fatto parte di alcuni avvenimenti molto importanti della mia vita. 
1950, l'ascoltai in estate, prima, quando desideravo la mia università; e il primo giorno di corsi (ricordo ancora: Lunedì 12 Ottobre 2009, dalle 10:30 alle 12:30, Cioffi, educazione per i beni culturali, aula D2), poi, quasi fosse un rito: l'ho ascoltata in funicolare, e come una stupida mi emozionai davanti a tutti. Mi avranno preso per una poveraccia triste; ma in realtà ero felicissima, impaurita, ma molto felice.

Dal conservatorio all'università

E poi: Le Verdi Cattedrali della Memoria. Soprattutto quelle mi danno il calore nei periodi freddi. Le sue canzoni le ascolto spesso tra Novembre e Dicembre proprio perché mi immagino a camminare da sola nella città che amo, fermandomi davanti la chiesa di Santa Chiara, bella, misteriosa, tenebrosa, e rilucente come una Notre Dame napoletana. Mi immagino lì, verso il 20 dicembre, ferma, a guardare quella meraviglia notturna. E poi c'è qualcuno, un perfetto estraneo, che senza dire neanche una parola, decide di condividere con me quella gioia.

Louis Jacques Mandé Daguerre - The Ruins of Holyrood Chapel 

E poi volò una stella, e noi ci innamorammo ormai scoperti al cielo.
Fu una cattedrale, sai?
E furono mattoni, memoria dell'amore.
Alzammo cattedrali noi.

E ancora: Due passi.


Leonid Afremov

Facciamo vuoi? Due passi ancora tra noi.
Ora mi mancherai, spero così avverrà, se non posso più averti qui.
...Mio breve passo da qua fin là...
Ora almeno mi mancherai, spero così di te, spero mi mancherai, come io ti mancherò.

mercoledì 9 ottobre 2013

'La Grande Rivelazione'

Fabian Perez - Paula on Couch



Io, terzo incomodo, eppure paradossalmente protagonista; marginale, eppure piena d’attenzione. 
Io, pericolosa, ma mai temuta; tanto nemica, eppure considerata -sopravvalutata, sottovalutata- amica.

Lui, per la prima volta colpevole. Colpevole non per colpa mia. Colpevole con me. Bugiardo con me, questa volta; bugiardo per non ferirmi.
E invece no. 

Devi amarla. Devi amarla molto. Non ti sei mai preoccupato di quello che pensasse la gente, di quello che avrebbero potuto dire in famiglia. Per sposarla, nonostante tutte le tue promesse, a quanto pare bugie, devi amarla veramente molto; più di quanto tu creda, o almeno più di quanto tu possa aver mai amato me.

La stanza è scura, scarsamente illuminata, di un giallo fioco, da una piccola lampada recentemente acquistata.
Io non so nulla, non capisco nulla. Poi, di colpo, non so come, intuisco tutto. Di più: ora lo so per certo. In imbarazzo mi siedo accanto a lei, ma mi lascia passare, non so ancora per quale assurdo, insensato e, quanto più, folle motivo. Io tra di voi. Tu che, come se nulla fosse accaduto, o meglio, facendo finta di niente, ti avvicini al mio volto; sì, così, colpevole. 
E lei già non esiste più. 

Mi parli. Non capisco. Mi avvicino io di più. Ed ancora un po’ tu. Ho difficoltà a comprendere. Forse perché questa situazione è così paradossale che mi sembra di stare in una diversa dimensione, una dimensione onirica in cui, tu parli, ed io ripeto quelle tue stupide parole, in quella tua stupida lingua, affinché possa ricordarmele il mattino seguente appena sveglia per tradurle, scomporle, anagrammarle, ricomporle, masticarle, sputarle, per trovarne il senso, come se quelle parole fossero il verbo della grande rivelazione. Percepisco il calore del tuo respiro, avverto l'intensità del tuo sussurro, sul mio viso; la pesantezza e la tangibilità del tuo volto, reale. 
Ho sposato lei, ma amo te. Ecco la grande rivelazione. Ho aspettato tanto per capirlo. E questo, secondo te, dovrebbe essermi di conforto?
In torto, mi offri delle caramelle. Tu, qualche tempo fa, spavaldo, potente, grande e grosso; ora, in difetto, in errore, piccolo piccolo, mi offri delle stupide caramelle. Come se questo potesse cambiare le tue brutali bugie. Ho sposato lei, ma amo te. 'La grande rivelazione'.

lunedì 30 settembre 2013

martedì 24 settembre 2013

'Un essere imperfetto'

William Oxer, The Wish


La donna è un essere imperfetto. Non c'è niente da fare. Per quanto la si decanti, la donna è sbagliata.
Non sa mai quello che vuole. Non sa mai quando lo vuole. E soprattutto non sa mai perché lo vuole. A volte pretende perché non ha. Altre volte ottiene e subito lascia andare via. Può essere tanto forte, ma incredibilmente fragile al punto tale da non rischiare mai, al punto tale da convincersi di cose che in realtà non sono.
Delle volte arriva addirittura a costringersi ad amare, non importa chi.
Sa fingere molto bene con se stessa. Troppo poco con gli altri, quando non si convince delle sue stesse menzogne.
E' maledettamente lunatica, la contraddizione per eccellenza. E non è che non sappia scegliere, o abbia poco coraggio per farlo; è solo che ogni volta sembra fare le scelte sbagliate. Sempre.
Una volta una parola di più. La volta dopo una parola di meno. Porteranno sempre allo stesso risultato.
Sa di non essere infelice, ma non sa mai se è felice.
E quand'anche trova il fine, non riconosce mai il mezzo. Ed il fine senza il mezzo, non è che abbia molto senso. 
Si ama e si disprezza, finché non si perde.
Ogni volta crede di migliorarsi. Ora è diversa. Ora è sciolta, disinvolta. Non gli importa di nulla, e soprattutto di nessuno. Lo sa, lo sente.
Se ne accorge.
Si obbliga al disinteressamento.
E' disinteressata.
Eppure basta poco. Un pensiero sbagliato della mente e subito si costringe ad un finto amore.
Non è amore.
Ma allora, cosa diavolo è?
Il desiderio di cose non realmente desiderate.

Non ne ho la più pallida idea.

sabato 21 settembre 2013

...Un discorso che diceva tutto...e non diceva nulla...


Era da un po' che desideravo spendere due parole su questo uomo. Se le merita.

Credo sia l'unico artista Italiano, l'unico cantautore, anzi, più di questo: l'unico cantastorie della realtà, di cui amo profondamente ogni pezzo.
Dice di ispirarsi a De André, e nello stile, almeno io, lo noto.

Oggi avevo voglia di musica intelligente. La ballata dell'amore cieco. Proprio De André. Ma non mi sentivo a mio agio oggi, non mi sentivo quella musica addosso. La scelta è ricaduta su L'Onorevole. Mannarino. Mi mancava. Mi manca.
C'è una cosa straordinaria che fa questo uomo. Forse adesso lo si può considerare un po' commerciale, suo malgrado. Non è più quell'artista di nicchia che era quando cominciai ad ascoltarlo io. La mia unica e magra consolazione è che fortunatamente non è sparato a tutte le ore su tutti i programmi musicali che si vedono in tv. Forse sono proprio quelli che ammazzano la musica. E sicuramente anche Mannarino ci avrà messo del suo. Dopo il successo, assolutamente meritatissimo, sarà cambiato, non sarà più lo stesso ragazzo di una volta; la testa si monta facilmente. Ma io lo apprezzo comunque, senza puntargli il dito contro, perché credo lui abbia fatto tanto per la musica: così giovane si è fatto spazio tra i grandi nomi della musica, della poesia. Così giovane ha portato in vita un genere che forse aveva stancato chi avrebbe dovuto farlo, non ascoltarlo, un genere che forse nessuno più riusciva a creare con il cuore, un genere che forse per comodità, molti altri hanno accantonato, lasciandone il ricordo solo ai morti.
E per quanto io creda che lui abbia fatto tantissimo, più di quanto forse fosse stato realmente in suo potere, più di quanto egli stesso avrebbe mai potuto immaginare, per la musica italiana, sento che ha fatto tantissimo per me. Dicevo infatti che questo uomo fa cose straordinarie. Le sue canzoni sono perfette così come sono, e ritrovare questa caratteristica in tutte le canzoni di un solo artista è difficile secondo me, quasi impossibile: le giuste parole, le giuste metafore, la giusta teatralità nella sua voce, le giuste note, le migliori, i giusti accordi, i più stimolanti, tutti gli strumenti più vibranti che ti fanno vibrare il cuore, la pelle.
Io non dimenticherò mai la prima volta che l'ascoltai dal vivo al Bellini di Napoli. Vale tutti il costo del biglietto. Forse anche di più. E' stata credo una delle emozioni musicali più forte e bella della mia vita. Gridavo le sue canzoni; gridavo quelle che credevo mi rappresentassero, gridavo quelle che volevo appartenessero a me, gridavo quelle che accennavano alla mia bella Napoli. E gridavo perché non mi bastava ascoltare. Io volevo dire, volevo comunicare, ce l'avevo dentro e doveva in qualche modo uscire. Quel giorno io mi sentivo sul palco, ero parte di qualcosa che amavo. E sarà che quella fu la prima volta, ma la seconda, ad Otranto, in un parco all'aperto, certamente più consono alle sue "Ballate", non mi ha dato la stessa emozione. Forse perché ha cantato meno brani.
Ho pubblicato qui una canzone, una delle mie preferite, anche se è difficile poterla definire tale, poiché davvero non si può scegliere con brani come L'era della gran publicité, in cui si mischiano le culture con tutte le loro lingue, senza dire nulla, eppure dicendo tutto; o come Merlo Rosso, che per me rappresenta l'affetto più sincero, l'amore, se si vuole, o la sofferenza; o ancora come Maddalena, un racconto laico e moderno, che nessuno poteva mai pensarlo meglio di così; o come vivere la vita, l'invito più intelligente per bocca di un bambino; e non nego che con Mannarino, e alcuni pezzi in particolare, ascoltando non soltanto il testo delle storie, ma soprattutto gli accostamenti musicali, mi viene da piangere, ma non di tristezza, ma di emozione, e so per certo che non capita solo a me, conosco altre persone che hanno pianto all'ascolto dei suoi brani. E l'ultima volta che mi è accaduto, sono stata felice, perché vuol dire che esistono ancora autori che sanno emozionare nel vero senso letterale della parola, e non perché ci si immedesima nella storia e quindi ci si sente protagonisti, semplicemente perché pure affacciandosi da esterni a quella finestra, quella canzone ti lascia qualcosa dentro: qualcosa che non ti appartiene già, ma qualcosa che ti da un po' di sé.
L'onorevole, è uno di quei ritratti del nostro mondo attuale, è il ritratto di quello che penso io, ma un ritratto del tutto originale. Non è l'ennesima canzone contro il politico, è la canzone del politico. Almeno questa è stata la mia lettura. Non si punta il dito contro la corruzione del politico, è dipinto il passaggio da uomo a corrotto. La promozione ad onorevole come morte, il leggìo come una cassa da morto...Deceduto appena da poco...i segni della morte erano evidenti...Chiamò il generale Panciapiena ed ordinò i più feroci bombardamenti su tutti i suoi sogni passati in difesa del popolo e dei giorni seguenti...Questo è quello che penso io: si sale in politica con i più leali e legali propositi, ma non se ne può uscire che con le mani sporche...
So di non essermi spiegata molto bene, ma diciamo che questa canzone io la trovo molto vicina a "Vecchio Frack" di Modugno, ma è piena di metafore significative, non è una storia, è una fiaba, con un messaggio nascosto...più che con un messaggio: con una riflessione personale...
Vi assicuro che sono stata molto riduttiva, e vi consiglio vivamente di ascoltarlo per farvene un'idea, migliore di come l'ho descritta io...
Quindi non vi stresso più...Ma Mannarino? Con o senza testa montata si merita un bel 110 e lode. 

mercoledì 4 settembre 2013

"Come la Luna, le Stelle, il Sole..."


Oggi prendo coraggio, e ve ne parlo.

L'inizio e la fine: non è un caso.


Solitamente quando parlo dei Beatles, faccio solo qualche accenno, perché così riesco a restare in superficie, tanto da custodire soltanto il meglio di loro, perché se scavo in profondità, immagino quale possa essere il mio stato d’animo.
E sono una stupida. Sì, io mi ritengo una tipa davvero dalle larghe vedute; solo che poi mi capitano certi momenti, quelli in cui, col senno di poi (tipo oggi!) posso invece definirmi stupida, in cui ostinatamente mi impunto, sbatto i piedi a terra e decido che almeno una volta all’anno, quella volta all’anno, devo avere i paraocchi, forse proprio per tenere il mio stato d’animo sotto controllo.
Una delle questioni in cui da anni, ho deciso di impuntarmi è proprio questa: il seguito dei Beatles. Mi sono sempre rifiutata di ascoltare le loro canzoni da solisti, senza il gruppo dei Fab Four.
Li ho scoperti, neanche so come. Ricordo solo di quell’odioso compact disc rosso (sì, io odio i ciddì), comprato da mamma non so quando né perché, con su scritto “The One”, con 27 o forse 28 dei loro maggiori successi…

Ho apprezzato quei pezzi: Love me do, She loves you, Eight days a week, Penny Lane…scoprendo di avere proprio in quel vecchio ciddì uno dei miei pezzi preferiti Come together, soltanto tre anni fa…
Ho cominciato a sorridergli, a sorridere ad ognuno di loro, dentro di me, ad ogni ascolto, ad ogni osservazione, ad ogni loro immagine.
Li ho amati. Davvero. E li amo ancora oggi. So che se fossi vissuta negli anni ’60, e con l’età giusta, avrei perso la testa per quelle quattro testoline; già mi vedo: una ribelle che sarebbe volata fino a Londra, o in Germania pur di vederli. Avrei fatto carte false per avere un biglietto del loro breve spettacolo a Roma o a Genova o altrove in quelle uniche date italiane. Da buona e accanita sostenitrice avrei amato l’allegria e la gioia di vivere di Paul, avrei amato quel suo fantastico modo di divertirsi, con poco, tre amici, tre compagni ed una passione, perché il successo è venuto poi; ed avrei amato quel suo essere leader tenendo testa ad un altro grande. E sì, avrei amato anche lui, John, per la sua spiccata personalità, per le sue stranezze, per la sua mancanza di paura nel dire ciò che pensava, come quando affermò, senza alcun timore, di aver fumato erba a Buckingham Palace, o come quando addirittura arrivò a dire che la fama dei Beatles aveva superato quella di Gesù. I Beatles, che lo si voglia o no, hanno formato una generazione. E’ vero che si sono mossi sulla scia dei Beach Boys californiani, ma sono andati oltre quelli. Hanno introdotto uno stile rock (oggi considerato ‘troppo pop’), uno stile musicale che è stato sempre in continua crescita, in continua ricerca di forme nuove, formule nuove, riscoprendo strumenti alternativi e meccanismi innovativi, fino a giungere a suoni psichedelici che hanno poi ispirato gruppi successivi di grande fama. I Beatles si portano dietro una grande eredità culturale, non solo, appunto, musicale. Hanno influenzato la moda, il pensiero, lo stile con il proprio stile, di vita. Hanno influenzato un secolo e, a mio avviso, quelli avvenire; per me hanno un posto speciale riservato nella storia. Sono immortali, nonostante tutto. E c’è un’altra cosa che penso. Penso che quello dei Beatles, sia l’unico gruppo, NELLA STORIA, in cui, almeno per un lasso di tempo, sia stata possibile la compresenza di due Leader, John e Paul. Non credo di conoscere altro gruppo musicale in cui ci siano stati due grandi nomi, due grandi modelli. Lennon e Mccartney: due individui, tanto diversi, ma anche tanto amici, tanto complici, avvicinati forse dalla prematura scomparsa delle proprie madri. La loro band: SPECIALE, perché unica al mondo in cui fu possibile condividerne (ecco, condividere mi sembra davvero il termine più appropriato!) la Leadership. E sono fermamente convinta che ci sono delle personalità nel mondo che possono anche non piacere, ma nel bene o nel male, influiscono nella storia, nella vita di ognuno di noi, oltre lo spazio ed oltre (soprattutto) il tempo. Ed i Beatles appartengono proprio a questa categoria di personalità. Mi ripeto: puoi non amare la carriera di un artista, puoi non condividerne il pensiero, può starti anche semplicemente antipatico, ma non puoi non considerarne realmente il contributo, non puoi non considerare l’effetto, l’eco e la reazione, che scatena un particolare individuo, quasi come fosse il ritorno di un’onda che si propaga e si propaga e si propaga praticamente all’infinito.
Forse sarò io, su questa cosa, un po’ troppo radicale, un po’ troppo chiusa mentalmente, ma credo che fino all'esalazione del mio ultimo respiro la penserò così: ci sono cose che si devono accettare, a prescindere dal proprio pensiero, a prescindere dal proprio piacere. Questo non significa che gli adulatori di Justin Bieber (che potrebbero anche essere accaniti fan di Morrison o chicchessia…) debbano ascoltare i Beatles (anche se la cosa certamente male non gli farebbe!), dico solo che devono tenerli in considerazione. E dico questo perché purtroppo non scherzo: ho parlato con persone che mi hanno detto che i Beatles ‘alla fin fine’ non sono che un gruppetto creato dalla EMI per fare soldi, e che le loro canzoni non dicono nulla. Queste per me sono le persone che non ne capiscono veramente un cazzo di musica (mi sono un secondo alterata! Sorry), e non che ne capisca qualcosa io, non ho (sinceramente, e lo dico col cuore) tale presunzione. In una canzone non c’è solo un messaggio verbale. Non è il solo “Lei ama te, yeah yeah yeah”. Una canzone non è solo questo. Non è stata solo la musica a plasmare quella generazione: era quel gruppo, quello dei Fab Four, l’immagine reale e non realistica che la gente aveva di quei quattro amici, prima che colleghi. I Beatles, erano una novità, una ventata d’aria fresca, un punto d’inizio per un tempo nuovo. Solo i dementi possono dire che i Beatles (assolutamente non assemblati dalla EMI entro le quattro mura di una sala dì incisione. John, Paul e George frequentavano la stessa scuola) non hanno scritto niente di che, e che i loro pezzi sono semplici. I loro brani non sono semplici, sono semplicissimi, ma non banali come le cazzate che le star statunitensi scrivono oggi (artisti che ascolto anche io, eh!); e per di più: le cose semplici, banali hanno grande successo, ma vita breve; All You Need I Love, è eterna. Chi riesce a fare questo, a rendere universale ed eterno qualcosa di ‘semplice’ può essere solo classificato come genio.
Io ad oggi ci penso ancora: e mi mancano le parole…per una cosa così grande, così straordinaria…
Purtroppo però, è ovvio anche che due menti così diverse, ma così tanto esplosive, con la medesima carica, prima o poi si sarebbero scontrate, prima o poi sarebbero andate in conflitto, anche se nessuno, credo, se l’è mai augurato, anche se nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Eppure è accaduto. Ed anche io, come credo veramente milioni di persone, cercavo di giustificarli, colpevolizzando Yoko Ono. Lei potrebbe essere stata soltanto una goccia, ma il vaso già era colmo. La verità è questa, ed è un annetto che me ne sono resa conto.
Le persone crescono, maturano, cambiano, si scontrano, fino forse ad odiarsi. Alla fine: si allontanano, senza rimorsi, senza rimpianti. Prendere strade diverse nel presente, sceglierne di nuove per il futuro, non cancella quelle del passato. L’avere delle nuove idee, forse contrastanti, non può precludere anche la stima reciproca. Il passato è ciò che siamo oggi, non si rimpiange. Il fatto che i Beatles ‘non siano stati più’, il fatto che essi abbiano avuto anche delle tristi controversie legali, non nega che comunque loro ‘ erano' ed 'erano stati’. E comunque, in un modo o nell'altro: 'eternamente saranno', perché per quanto ‘erano stati’, e passati, qualcosa dentro di loro è rimasto, e per sempre rimarrà. Questa separazione mi ha fatto soffrire, ma poi, come ho qui spiegato, ho capito. Meglio essersi amati ed aver smesso, piuttosto che non averlo fatto assolutamente. E se è vero che la magia in quel gruppo sembrava essersi spenta, non lo era del tutto: il loro ultimo lavoro, forzato però, fu proprio Abbey Road (sìsì…ce l’ho! Ahahah), che è praticamente un capolavoro. Inoltre, nonostante vicende legali e quant’altro, dal ’70 in poi Paul e John cominciarono a frequentarsi nuovamente, anche se, come ripeto, secondo me le cose, anche quando sembrano essersi aggiustate, non possono mai tornare come erano un tempo. La fortuna è che ci si riprova.
Tutto questo preambolo su quello che penso dei Beatles come gruppo, semplicemente per dirvi due parole dei Beatles come singoli.
Poiché amavo il gruppo, mi rifiutavo di ascoltare i pezzi dei singoli, pregiudicandoli di basso valore. Ora per carità di Dio, non oso accostare la grandezza dei quattro messi insieme, con i quattro presi separatamente, sarei un’idiota. Ma è una gran cazzata che da singoli valgano meno che niente (già se si pensa ad Imagine di Lennon). E questo l’ho scoperto proprio perché, prima di partire per le vacanze, ho beccato su radio capital tivù un pezzo di Lennon, Istant karma! del 1970 (e che è ancora molto vicino allo stile beatlesiano). Credetemi, è fantastico. E neanche a farlo a posta, come fosse destino che cominciasse con John e finisse proprio con Paul, e non un altro, il giorno prima di ritornare a Napoli, nel bed and breakfast di Palermo sento un pezzo in radio e nonostante la voce fosse leggermente diversa, io, da sola, ad alta voce ‘sono i Beatles, me lo sento, però questo pezzo non lo conosco? E’ bello, chissà come mai non l’ho mai ascoltato’. Subito dopo la speaker conferma che è Paul, con Hope of Deliverance.

E quindi il mio consiglio è di non avere, anche in questo, una sorta di pregiudizi. Se vi piacciono i Beatles, ma vi rifiutate di saperli anche separati, fate un passo indietro, erano un grande gruppo, ma anche delle straordinarie persone. 

Ed ecco perché questa è la fine.


martedì 6 agosto 2013

'Ha ceduto lui, per tutti e due.'


Affannati, per nulla stanchi. Sudati, ma soddisfatti. Ognuno torna al posto suo. E avvolta disordinatamente in quelle lenzuola, una gamba si e l'altra no, cerca confusamente di coprirsi, per pudore. Perché per fortuna esiste anche in questo un po' di pudore. Il tempo di riprendersi e tornare in sé, che si alza.
<<Dove vai?>>
<<Vado a farmi una doccia. Non preoccuparti, userò l'acqua fredda e ti lascerò tutta quella calda>>. E, prima di chiudersi dentro il bagno, gli fa un occhiolino, come, un po' furbetta, a prenderlo in giro. "E certo" pensa lui "che ti fai una doccia fredda. Si muore di caldo. Mica mi lasci un'acqua che userò. Mica lo fai per altruismo". Ma quel suo modo birbante di fare, gli piace, e come se gli piace.

Dentro. Non ha voglia di perdere troppo tempo, come al suo solito, nel bagno. Vuole essere rapida questa volta. Non ha voglia di farsi tutti quegli ingrippi mentali che solitamente lei, come altri milioni di persone, si fa proprio sotto la doccia. Si sa, quando si sta troppo tempo in bagno i motivi sono due, e tralasciando il primo, il secondo è proprio questo: pensare ai misteri della vita, filosofeggiare. Ma perché in bagno?
E difatti, l'unica cosa che riesce a pensare in quei pochi minuti mentre si insapona, è che in realtà, anche volendo, non avrebbe potuto lasciargli dell'acqua calda, perché non ve n'è neanche di leggermente tiepida, giusto per non prendersi un malanno a causa di un getto troppo gelido. Il tutto rigorosamente a voce, bassa, ma a voce.

Fuori. Sarà che il caldo ha smesso di alternarsi con le tenui e discontinue folate di vento improvvise, e comincia a dominare incontrastato quell'ambiente, ma si respira un' aria diversa, rispetto al dentro. Molti pensieri. Silenzio. Pensieri dunque che si pensano. Anche in questo diversi. Eppure dei due l'istintivo è lui. E' lui che ha un'amante, è lui che propone, quasi forse impone, incontri all'ultimo minuto, è lui che non riesce a trattenersi, né vuole, quando vede una bella ragazza, è lui che senza, appunto, pensarci, deve godere di ogni attimo della vita, senza considerare minimamente le possibili conseguenze. E lei, invece, riflessiva. Lei ha sempre rovinato tutto, perché ha sempre razionalizzato tutto, ha sempre usato troppo il cervello, pensato e pensato e ripensato. A quello che la gente avrebbe potuto dire, a quello che lei avrebbe potuto giudicare, a quello che si sarebbe rovinato, a quello che avrebbe potuto perdere, a quello che sarebbe potuto valerne la pena o meno, rinunciando a quelle gioie dell'istinto che ha sempre desiderato provare. Ed ora dentro, vuoto, tranquillità, attimi dietro attimi, così. Ed ora fuori: pensieri che si pensano. 
La porta è di nuovo aperta. Sorridente esce mentre finisce di avvolgere i capelli dentro una piccola asciugamano a mo' di turbante.
Ha sempre avuto un sentimento contrastante circa i suoi sorrisi. A volte lo lusingano, perché comprende la genuinità di quella semplice donna. Non la conosce profondamente, né mai, almeno gli sembra, gli è interessato farlo; eppure percepisce che lei, per lui, è un libro aperto, ma senza nessuna pretesa, senza alcuna machiavellica aspirazione ultima. Altre volte, invece, quegli stessi sorrisi lo disorientano; forse quel modo timido di fare, unica forma di istintività presente in lei, lo fanno sentire come lui odia sentirsi: un superiore. Questo problema non è causato solo da lei, ma da tutte le sue partner; o meglio, per essere del tutto sinceri, questa seccatura dipende solo ed unicamente da lui. E' la sua condizione, la sua persona, a dargli fastidio. In alcuni giorni, predilige quell'essere, o quantomeno quel sentirsi, in un gradino più in alto, può sfruttarlo a suo vantaggio, perché lo rende sicuro e deciso, sfacciatamente in potere d'ogni cosa; altre volte, invece, lo considera una condanna, perché appunto, non può abbassare la guardia; è più forte di lui, ma proprio non riesce a fidarsi. E' molto istintivo, sì, ma questo non preclude un'istintiva fiducia. Anzi, si contano sulle dita di una mano le volte in cui si è fidato, e delle persone più scontate, parte della famiglia.
E basta poco, ed è un attimo. Coglie al volo l'occasione. Decide. Fa una scelta tra quella genuinità e la difesa. Sfrutta questa sua debolezza proprio adesso. Per l'ennesima volta, vuole salvaguardarsi, salvaguardare quanto di importante nella sua vita crede ci sia da salvaguardare. E questo la dice lunga sulla faccenda. 
<<Ti avviso: di acqua calda neanche l'ombra. Infatti credo che questi capelli non si asciugheranno mai, tra il gelo ed il sudore>>.
<<Adesso mica ti aspetterai che faremo colazione insieme, in questo letto?>>
<<Cosa? Che significa?>>
<<Come a giocare all'allegra famiglia?>>
<<Di cosa stai parlando? Arriva al dunque>>. Ora indispettita.
<<Io ho una ragazza, una fidanzata. Lo sai?>>
<<Sì, lo so. E con questo? Qual'è il problema? Nessuno ti ha chiesto niente, lo sai benissimo>>. Incredula. Odia trovarsi repentinamente in queste situazioni, senza alcun preavviso. L'aveva lasciato disteso, non solo allegoricamente, con i gomiti poggiati, su quel letto, che lo sollevavano di poco, e con quei suoi occhi azzurri come il cielo che le sorridevano, prima di far ricadere la testa all'indietro, rilassato, forse addirittura un po' dispiaciuto per quel suo breve allontanamento, desideroso di farla in due quella doccia. E se lo ritrova davanti così, serioso, arrogante, scattoso. 
<<Non sarai tu quella che presenterò mai alla mia famiglia, non sarai tu quella che conoscerà i miei nipotini, non sarai tu quella che inviterò alle feste. Questo devi saperlo>>
<<Di cosa ti preoccupi? Non me ne sono mai preoccupata io di tutte queste cose, vuoi preoccupartene tu per me? Mi sembra tutto fuori luogo quello che stai dicendo. Non ti ho neanche chiesto di fare colazione. Sei partito a razzo tu. Stai tranquillo, questa 'storia', l'hai voluta tu, e, nata senza pretese, senza pretese finirà>>.
<<Ok. Volevo solo chiarire alcuni punti>>. Chiude superbamente, e se ne va, a lavarsi.
Ancora non riesce a credere alle sue parole, alla sua prepotenza. Un minimo lo conosceva, pochissimo, ma lo conosceva. Sapeva che lui era un presuntuoso, pedante, permaloso, ma anche un amante sciolto e disinvolto, senza troppe preoccupazioni, soprattutto quando si parlava di piaceri e divertimento. E ad un tratto si sente troppo stupida. Stupida per aver discusso ed essere rimasta lì, a cercare di calmarsi, calmarlo, e a cercare di sistemare le cose, piuttosto che essere andata via, come una qualsiasi disinteressata avrebbe fatto. Si sente usata. Che poi, sostanzialmente, entrambi si sono 'usati', questo lei lo sapeva dall'inizio, così è nato il "fatto". Ma, un po' per il gusto del proibito, un po' per le strane affinità, questa illegittima avventura si è prolungata, più del dovuto, più di quello che era stato pianificato, cominciando ad essere un po' fuori dalla loro portata. Quindi il problema non è il sentirsi usata, ma estremamente usata, come se quel patto iniziale adesso l'avesse profondamente violata. Forse, questa è la spiegazione. Forse
Non sa se sentirsi triste, o nervosa. Ed è un istante. Questa volta è lei a scegliere il meglio per sé. Nervosa. Immediatamente prende la biancheria intima nuova dal piccolo trolley, e poi il primo vestito che le capita tra le mani, effettivamente è molto bello per una fuga, sportivo con delle scarpette, ma particolarmente elegante con un paio di decolleté o sandali alti: nero con un scollo lungo ad incrocio, un fiocchetto in vita, lateralmente, e corto alle ginocchia ma con una coda molto più lunga, fino alle caviglie. Ovviamente opta per la comodità: superga bianche, perfette per un'evasione. Ripone i pochi effetti personali che riesce a notare nella stanza, e se ne va.
Uscito dal bagno, con a stento un asciugamano in vita, che quasi svogliatamente si tiene su coprendogli le parti intime, ancora non si accorge del vuoto nella stanza. "Sarà nella cucina" pensa "magari a preparare per davvero una buona colazione". E, un po' in colpa per la durezza delle parole e del tono usati prima, decide di andare di là ed essere carino con lei, che effettivamente non ha mai fatto alcuna richiesta esageratamente invadente. Un modo per farsi perdonare lo troverà, ne è certo. Ma nel piccolo cucinino lei non c'è. Solo la porta in legno è spalancata. Dove sarà andata? Esce da quel riparo per vedere se è fuori a fare le sue solite strane cose, come guardare quella distesa di grano, o a respirare quell'aria di campagna che non gli è per niente familiare. E la vede. Ma non sta facendo nulla di tutto questo; in lontananza, a passo deciso, con un' andatura costantemente incalzante se ne sta andando, senza essersi, fin'ora, mai girata indietro. E non ci pensa due secondi, non rientra neanche per mettersi un pantaloncino. Mantenendosi l'asciugamano per non farla cadere comincia a correre e a chiamarla. Ma lei continua, va per la sua strada. Non ha intenzione di sentirsi come prima: una stupida estremamente usata. Non lo si direbbe, ma è una persona molto orgogliosa. Non vuole cedere questa volta. Lei non vuole cedere mai, e non cede mai; per questo perde sempre. Ed è così tanto abituato a correre che in pochissimi secondi, riesce a raggiungerla. Poi si ferma, le urla contro, non riceve risposta, e non capisce. Ed è giunto il momento di farlo, quel passo, è arrivato il tempo di coglierla, quella nuova e diversa opportunità. Un altro paio di passi, allunga il braccio ma immediatamente lo ritira. Pensa. Un altro passo ancora. E le salta addosso da dietro, l'abbraccia, la stringe, la soffoca quasi. Tutto in una frazione di secondo, tutto inconsapevolmente pensato.
<<Non voglio lasciarti andare via! Non te ne andare!>>
Lei si dimena, urla, <<Lasciami! Lasciami! Mi devi lasciare! Voglio andarmene!>>, e lui continua e per averla sotto controllo la alza da terra, ma lei si lancia in avanti e poi in indietro, comincia a scalciare, ma la presa è troppo forte, lui è un omone dalle spalle larghe e le braccia possenti, grande e grosso, 1,90 d'altezza, credo possa bastare già questo per rendere l'idea. E in quell'istante, quel gesto, gli ricorda una sua vecchia confessione. Non ha ricevuto molti o troppi abbracci nella sua vita, ne ha sempre sentito, e ancora adesso ne sente, la mancanza, la carenza; e quando è nervosa, l'unico ed il solo modo per calmarla è stringerla forte forte, più forte che si può, bisogna farle pressione sul torace, quasi come se la si volesse sul serio soffocare. Allora il respiro si fa meno affannato, riprende ad essere più lento e costante, regolare. Si calma. Si ferma. Lui allenta un po' la presa, ma non la lascia.
<<Andrà tutto bene>> le sussurra con il suo vocione inconfondibile <<Andrà tutto bene. Sei con me...>>
<<.....>> Ancora recupera fiato.
Ha ceduto lui, per tutti e due
Insieme cadono, o meglio, si lasciano cadere a terra, in ginocchio, adagiati quasi, con le loro forme perfettamente combacianti. E mentre le carezza la chioma dai riflessi rame, continua a tenerla, cullandola. E non si dicono più nulla. Nessuno dei due sente il bisogno di proferir parola alcuna. Il nervoso piano piano sembra andare via. Nulla. Alcuni minuti dopo amorevolmente lui le bacia la fronte all'altezza della tempia sinistra. Se passasse qualcuno di lì, ora, in questo preciso istante, se ne fregherebbe; se ne fregherebbe di essere visto mezzo nudo in una campagna sperduta della Francia, se ne fregherebbe di essere visto abbracciato a terra, tra i campi di grano dorati, ad una delle solite tante; e se ne fregherebbe non come fa di solito, non per il gusto di mostrare al mondo intero di aver violato l'ennesima regola, legale o morale che sia, non per il fatto che il suo temperamento è ribelle per natura e deve, ancora una volta, mostrarlo, quasi a marcare un territorio che non dev'essere giudicato, tanto, lui se n'è sempre fregato dei giudizi altrui, anche quando è stato costretto ad ascoltare, non ha lasciato che uno di quei giudizi invadesse il suo animo, costringendolo ad essere diverso da quello che sa di essere; semplicemente se ne fregherebbe perché quella che stringe tra le braccia non è un trofeo da esposizione; per quanto lui possa fingere, nel tentativo di mantenere sotto controllo la sua vita, quella donna è stata importante sin dall'inizio, dalla prima volta che l'ha vista, quando entrò per caso, senza alcun senso, in quella vecchia libreria. Eppure non è affatto una bella ragazza oggettivamente, e ancor meno lo era in quel giorno, quando lui varcò la soglia di quella porta in vetro e legno. Era su di una scala per riporre alcuni libri nello scaffale in alto, nella loro giusta categoria, quando una volta scesa si girò per essergli utile e gli sorrise, come ha sempre fatto con qualsiasi altro cliente. Ma lui era un cliente speciale, anzi: un non-cliente, dal momento in cui non doveva comprare nulla, ma era lì solo, come è già stato detto, perché le circostanze lo avevano portato; e, non resistendo a quella ragazza così gentile, laboriosa, così spassionatamente premurosa, il cui sorriso l'aveva colpito così tanto, cosa che, a differenza di tutte le altre occasioni capitate, perché a lui ne capitano, e parecchie, non gli pesava affatto, decise di comprare un libro di geografia, il primo argomento che gli era venuto in mente. Soltanto che nei giorni e nelle settimane successive tornò più e più volte in quel negozio, prima comprando ancora libri che non avrebbe mai letto, poi passando per caso semplicemente per un saluto. E a questo punto della storia, le circostanze non hanno più alcun potere.
Ma per quanto lui possa fingere, nel tentativo di mantenere sotto controllo la sua vita, quella che da poco, e per la prima volta, ha cercato di programmare, non può nascondere a se stesso quello che, da un po' di tempo, è cambiato. Per questo non ha mai voluto programmare la sua vita, e certo è stato un errore farlo, farlo proprio adesso, che tutto è diventato più difficile, fuori controllo. Come spiegare, a lei, a loro, agli altri; come annullare tutto ciò che è praticamente già pronto. Questa evasione, inconfessato segreto francese, gli sarebbe dovuta servire per chiudere una volta e per tutte quella porta. Ed una porta certamente sta per chiudersi, ma non è proprio quella "programmata".
Prende in mano la situazione. Abbassa la guardia. Si alza per primo, e con sé, tira sù anche lei. La volta, la guarda, e con le sue mani, lievemente, ma con un fare molto protettivo, le stringe le guance, avvicinandole il viso al suo: la guarda ancora meglio, prima negli occhi, poi, in un solo attimo, quasi interminabile, confusamente scruta ogni piccolo dettaglio del suo volto sfatto, ma nonostante tutto, ancora molto grazioso. Ed un bacio, un solo unico bacio, a stampo, lento, ma allo stesso tempo rapido, fugace, sentito. E, dopo essersi aggiustato l'asciugamano, con un gesto affettuosamente paterno la prende in braccio, sostenendola con il solo sinistro, mentre con il destro prende il trolley trascinandolo via con sé, ed insieme fanno ritorno in quel nido appartato, nascosto, isolato. 


Fu Gravemente Romantico


Simbolicamente pubblico questa canzone, una delle più gioiose, musicalmente parlando, per quest'immagine, ma in realtà dovrei pubblicare tutte quelle che conosco dei Coeur De Pirate. Buon ascolto, e soprattutto (spero!) buona lettura.



domenica 4 agosto 2013

'Vibrazioni'


La musica. Da poco mi sono resa conto di una cosa. Sì lo so, vi renderete conto che non ho certamente fatto la scoperta del secolo, ma per una un po' azzeccata come me, e credo che in questo non mi si possa contraddire, scoprire qualche cosa di nuovo, proprio riguardo la musica, sia una grande emozione, sempre e comunque. Spesso penso ai sordi. In generale ai disabili. Come può un cieco capire il giallo, o il verde? Per i ciechi ancora non mi sono fatta un'idea chiara, ma per i sordi.... Un sordo. Come può un sordo comprendere il suono melodico di un dolce pianoforte? Come può comprendere, sempre quello stesso sordo, la freschezza di una chitarra spagnola? Come può, quello sfortunato, comprendere la straordinarietà che c'è dietro una fisarmonica? Come può piangere all'ascolto di un violino ai limiti del sensoriale? Come può cogliere l'emozione di un flauto di pan? Come può capire il ritmo? Come può cogliere quelle vibrazioni nel cuore? Ecco. Vibrazioni. Mai parola fu più azzeccata di questa.
Ultimamente non sto acoltando la musica attraverso cuffiette, piccole o grandi che siano, perché sto provando una sorta di insofferenza alle orecchie. Allora mi stendo, a terra o sul divano, col ventilatore rivolto verso di me, e metto l'I-phone, a mo' di mp3, sullo sterno. Ecco. Vibrazioni. Ricevo tutto, forse troppo poco, perché lo strumento non è progettato per questo; non è, ecco, funzionale. Ma un po' di vibrazioni ne ricevo. Sono quelle vibrazioni che si avvicinano molto a quelle dell'amore, diverse perché rispetto ad esse sono esterne, non interne, non vengono da dentro, vengono da fuori e cercano di conquistare il dentro.  So che esistono dei modi grazie ai quali i sordi possono ascoltare musica, ad esempio con  suoni ultra- e/o sub-sonici. Ma credo sia straordinario il modo in cui, senza alcun suono, le persone disabili possano, almeno un pochino, avvicinarsi alla sensazione che un non disabile, prova ascoltando la musica; ma, anche se non sono mai stata totalmente sorda e quindi non posso comprendere, sicuramente non è la stessa cosa, una vibrazione è una vibrazione, un suono è un suono. Però lo trovo comunque straordinario. Era solo la mia considerazione.

mercoledì 17 luglio 2013

Fu Gravemente Romantico





Ricordo lenzuola arrangiate ma pulite, e tende bianche e fresche, stese lì ad asciugare. E le sue mani. Ricordo.
Chiare, pallide quasi, con unghie corte, per nulla curate. Grandi, autorevoli, e allo stesso tempo delicate, vulnerabili forse. A tratti ancora indecise, mi carezzavano. E subito dopo risolute, coraggiose, padrone, mi aggredivano violentemente con piacere, senza rispetto, senza amore.
Ed io mio corpo, oggetto segreto dei suoi più intimi capricci, come un pianoforte. Ed i miei fianchi, tasti bianchi; e la mia schiena, tasti neri. La, fa, mi, ed ancora: la, fa, mi, ed ancora e ancora; e poi la, fa diesis, re; ed ancora e ancora...
Le sue mani virilmente orchestravano il mio corpo, ogni mio piccolo ed incontrollato movimento, tutti i miei inconsapevoli e convulsi sospiri, in quel rifugio arcano, immerso nell'oro, ai confini del suo mondo, al centro del mio mondo, testimone dell'ennesimo rapporto clandestino, senza importanza; testimone della mia ennesima debolezza, fuga d'amore. Per me, illegittima consorte, fu quanto di più gravemente romantico.

lunedì 24 giugno 2013

"E vedo una bambina..."


Oggi ho, per caso, riletto una cosa che ho scritto un po' di anni fa, due o tre, forse. E non è la prima, ma è certamente stata la prima che mi abbia fatto sentire davvero piena dentro, così soddisfatta, così orgogliosa di me. E tutt'oggi, che un po' di altre cosette le ho scritte(effettivamente ancora un po' troppo poche, ma sono dell'idea di non volermi forzare nella scrittura, perché il risultato sarebbe poco autentico, pessimo, perché poco sentito. E poi so di non poter fare della scrittura il mio mestiere, conosco i miei limiti: non ne sono capace, e quindi rimarrà un piacere spassionato.), sento che è una di quelle immagini tra le più belle che io sia mai riuscita a rappresentare nonostante i numerosi vezzeggiativi fastidiosi a molti; una delle immagini più genuine ed autentiche che io sia riuscita a vedere, quasi come in una visione (un pezzo recente che ho sentito entusiasmante quasi quanto questo è Indietro nel Tempo). E volevo condividerla con qualcuno. Mi verrebbe di chiamarvi "Voi"....ma so che quei pochi di voi che capitano qui dentro, ci capitano per caso. 
Ps non so se si è capito, ma le canzoni che associo alle cose che scrivo, sono la mia fonte di ispirazione, da cui tutto nasce, e sarebbe carino accompagnare la lettura a quei suoni creatori. Ma ovviamente non è un obbligo perché tutto è molto soggettivo (potreste leggermi anche ascoltando rap americano ecco!) e soprattutto difficilmente riuscireste a vedere quello che ho visto io, con i miei stessi occhi. Cerco solo di rendervelo più vicino.



Vedo riccioli d'oro, come spighe d'estate, un visino rosa pallido, con un nasino aggraziato all'insù, e delle esili braccine con delle gracili manine. Ed occhi blu oceano. Un nastrino rosso per raccogliere una ciocca profumata, ed un vestitino dello stesso colore, a fantasia. E piccole scarpette. Un sorriso  inizialmente  imbronciato, ma che subito si trasforma in puro e sincero, come solo quello dei bambini può essere.
Ed il suono, lieve, delle campane della piccola chiesetta antica sveglia il resto del paesino ancora dormiente, mentre fa compagnia a coloro i quali, già svegli da lungo tempo, preparano pasta fresca fatta in casa e pane caldo.
E vedo una bambina, quella stessa bambina, seduta su delle scalette dell'antico borgo. E poi alzarsi e correre per le stradine ciottolose, con una bambola di pezza tra le braccia. Correre all'echeggiare di quelle campane. Fermarsi ad osservare il mondo così grande, il paesino così grande. E poi raggiungere la vastità del prato verde, dove ai primi bagliori mattutini, è più facile accorgersi dell'arrivo della primavera, con i suoi colori accesi e illuminati dai raggi freschi, con i suoi fiori delicatamente accennati. E fermarsi ad osservare il mondo così grande. E fermarsi ad ascoltare il mondo così grande. Le note della natura risuonano come violini nel vento, e piano piano si evolve un'orchestra lì, dentro lei. Dolcemente si aggiungono prima un pianoforte, poi una folcloristica fisarmonica, e poi uno xilofono a suoni acuti e tintinnati  E comincia la sua danza. Un perfetto girotondo coi petali dei fiori soffici e leggiadri, non più di lei. E girare allegramente, e girare ancora, e poi ancora solo su se stessa, fino allo sfinimento, lasciandosi cadere in quel morbido letto umido. E poi prendere la bambola di pezza, caduta insieme a lei in quel fantastico mondo, tirarsi sù, e cominciare a correre nuovamente, senza neanche salutare gli amici che teneramente, giocando con lei, l'avevano ospitata. Ma è un piccolo angelo, e le si perdona tutto...
Ed ecco: vedo un porto. E ancora quella bambina, camminare incuriosita lungo il pontile, guardando nell'acqua, alla ricerca di chissà quale altro compagno di giochi. Con forza e impazienza toglie le scarpette, poi è il turno delle ricamate calzette bianche. E si siede. Dondola le gambe, ed allunga le punte, per arrivare a condividere il suo universo anche con quel mondo. E ci riesce. Soddisfatta toglie i piedini dall'acqua. Infila prima le calzette bianche e poi le scarpette. E nuovamente se ne va senza salutare, insieme alla sua fedele compagna di viaggio.
Ed ecco: vedo una strada che non mi è nuova. Rivedo un percorso già tracciato. E vedo lei, quella solita curiosa, gustarsi tutto ciò che quel posto le regala.
 E' pronta per tornare a casa. Con l'amore della vita e delle persone che hanno imparato ad amarla, offrendole un dolcetto, o un succo di frutta.
Ed ecco. Vedo una fragile creatura, quella stessa delicata creatura, seduta su delle scalette del borgo antico....



la più dolce delle creature francesi

giovedì 20 giugno 2013

Patti chiari, ed amicizia lunga


Ok. Io non voglio essere polemicona. Ma a dire il vero: mi diverto da matti a farlo. E quindi…


Mi rendo conto che c’erano tanti consigli da aggiungere in un mio vecchio post, riguardo le dieci cose da NON fare per conquistare una donna (
Manuale per uomini). Ma non vedo come potrebbero esservi d’aiuto dal momento in cui non siete capaci di seguirne neanche uno. Parole al vento. 

Ma ora io devo… Devo sfogarmi.
Tu brutto idiota di un Bronzo di Riace! 


Ma mi hai preso per cretina? Di solito si dice “buona sì, fessa no”…considera che non sono neanche buona…ti pare allora che potrei essere fessa? A piacere tuo.
Odio quell'atteggiamento maschile tipico dei tizi alti un metro e ottanta, forse anche un metro e novanta, biondi, col fisico asciutto e che, pur essendo ancora all'università, si sentono uomini arrivati, notai d’alto livello, uomini di mondo. Odio quei tizi che sono fermamente convinti di poter ottenere tutto quello che vogliono con un solo schiocco di dita. Odio quei tizi che si credono irresistibili. Odio quegli stessi tizi che, magari ti prendono anche per il culo, eppure non ce la fanno ad accettare un rifiuto (che poi magari non è neanche un rifiuto nel senso più stretto del termine) più che giustificato, ad accettare l’indifferenza “scontata” che gli mostri perché a fidarti: non se ne parla proprio! E non perché tu chissà cosa possa pretendere da loro (e quindi possa avere paura di rimanerci secca, delusa in poche parole), no per carità! Non se ne parla proprio. Ma semplicemente per il fatto che (come più volte ho detto) ti va anche di essere presa per il culo, ma per bene: vuoi essere lavorata per bene. E più di questo: odio quei tizi che vogliono per forza avere l’ultima parola. Vuoi l’ultima parola? E prenditela, chissenefrega! Non mi perdo per così poco. E poi, non sei neanche tanto Bronzo di Riace….ok forse un po’ sì…ma questo non ti giustifica.
E a Voi, che siete tutti pazzi, non posso fare altro che dedicarvi questo pezzo...il perché lo so io...e voi forse, lo immaginate. Mi dispiace solo di non aver potuto pubblicare la versione non censurata....tanto la guarderete altrove.



domenica 16 giugno 2013

'Indietro nel Tempo'



Si addormenta. E di colpo avrà avuto di nuovo cinque o forse sei anni. Catapultata in un mondo meraviglioso, diverso. Sa quando. Sa dove. Ma sembra ancora altrove. Sembra un’Inghilterra ottocentesca. Con i colori freddi, di un verde pino scuro. Come se fosse un personaggio de “Il Giardino Segreto”.  Protagonista. Eppure non saranno stati più di diciassette o forse diciotto anni prima. Ed è lì perché vuole esserci. Ed è lì perché l’ha desiderato con tutte le sue forze, sfidando i limiti del possibile. Superando i limiti dell’immaginabile. Tornare indietro e lasciare quel messaggio; cambiare le sorti del suo futuro. Io ci sono. Io esisto. Sono qui. Siamo amici. Giochiamo. Ma poi mi porteranno via. Ricordami domani. Cercami. Ritrovami. Ed io ci sarò. Siamo stati amici. Giocavamo. E ti volevo bene. E mi volevi bene. Ci piacevamo. Ti desideravo, per come una bambina possa genuinamente desiderare.

E poi di nuovo grande. Non del tutto. Solo un po’ di più, tanto da non comprendere più il comprensibile. L’irrefrenabilità verso l’ignoto, enigma piacevolmente fanciullesco. Infatuazione intimamente segreta, inconfessata, racchiusa in quella Grande Cascata, in quel lembo di trasparenza nascosta tra i cespugli di un giardino all'inglese, infinito, interminabile, senza confini. Soli, su quelle scale, innocenti, ancora troppo acerbi, con abito rosa antico in satin e uniforme inaspettatamente regale; soli, su quelle scale, celati al resto del mondo che li insegue, si aprono ai risolini proibiti.


E ancora bambini. Ti cercavo. E scappavi. Ti volevo. E tu, incredibilmente timido, ti nascondevi. E la noce mi aiutava; spargeva tracce di me nel tuo tempo, nel tuo mondo. E tua madre, straordinariamente ancora lì, seduta sul divano della piccola stanza scura, bella come è sempre stata, radiosa nel biondo dei capelli e luminosa nell'azzurro degli occhi che ti ha lasciato, era mia complice, perché io le piacevo; sorrideva perché mi brillavano gli occhi; e sorrideva perché era felice che suo figlio, anche a me, faceva battere il cuore. E poi, col viso rivolto verso il basso, un unico sguardo enigmatico, gradevolmente rassegnato, discreto e riservato, che tutto mi ha raccontato di te, dei tuoi pensieri, delle tue più profonde aspirazioni. Ma più di questo: tutto mi rivelato del domani, tutto mi ha rivelato di oggi. E non ho più timore.

mercoledì 22 maggio 2013

E mo' spiegami questo Freud!



Come in un passato non del tutto dimenticato. Una strada, un prato, una folla. Ricordo il verde ed il grigio, gli unici due colori visibili alla mia vista.

Stesi.
Disordinatamente in fila, senza alcuna attesa.
Inconsapevolmente vicini, senza alcuna pretesa.

I loro colli, appena appena annodati l’un con l’altro, quasi con forza, per farli combaciare come due pezzi sbagliati di un puzzle; i loro corpi fintamente intrecciati, per il desiderio e la paura della futilità.

Tutto più spontaneo di questo.

I loro volti che sanno, le loro parole che nascondono, i loro gesti che rivelano le evidenze.

E le guance. Innamorate s’accarezzano e si graffiano e si baciano e si pizzicano e si massaggiano e si molestano. E si annusano. Si annusano.

domenica 12 maggio 2013

Manuale per uomini




Cosa non fare per conquistare una donna.

1)      Non farsi sentire solo il venerdì e/o sabato nella speranza di uscire insieme. Ci piace (seriamente parlando) essere prese per il culo, ma non fino a questo punto. Quindi per cortesia: se non sapete prendere per il culo, non lo fate, che ci guadagnate sicuramente di più. O altrimenti fate un corso. Lo apprezzeremmo davvero.

2)      Evitare di dare risposte monosillabiche dopo che la donna si è fatta venire i crampi alle dita, soprattutto se se l’è fatti venire per rispondere educatamente ad un VOSTRO messaggio. Evitare soprattutto di abbreviare. In particolar modo il rozzo  “cpt”, che starebbe ad indicare “capito”. Ecco: ché non si capisce proprio un cazzo.

3)      Non dire sempre sì. Argomentare le proprie motivazioni. Se le motivazioni sono insensate: limitate a dire sì e tacete. Farete più bella figura, e trascorrerete una decente serata.

4)      Non trasformare le uscite in lezioni filosofiche. La donna è più saggia di voi altri. E se volete fare un po’ (e sottolineo un po’) di filosofia, fatelo quando la donna è già conquistata, così non scappa più.

5)      Evitare di non fare il gesto di offrire il caffè o la cena o quel che sia. Ma lasciarglielo pagare tranquillamente quando insiste ( e vi assicuro che insisterà!). La vostra, di insistenza, la infastidirà. Evitiamo di fare danni, per cortesia.

6)      Non mentire. E’ scientificamente provato che la donna fiuta la menzogna. La donna è un essere scaltro e furbo, probabilmente perché ha la diffidenza (giustamente e menomale) nel DNA. E soprattutto ha sempre un asso nella manica per farvi uscire allo scoperto e sputtanarvi. Quando conoscete una donna ditele apertamente “Sono fidanzato, ma cerco un amante” (anche in questo caso potrebbe apprezzarlo di più e rendervi felici come meglio non potevate sperare), piuttosto che “Sto a tarantelle con la mia ragazza, ci siamo lasciati da un po’, chissà vedremo come vanno le cose”…BACCALA’: è con una donna che parlate, non con una gallina!

7)      Non ubriacarsi le prime volte che ci uscite insieme, né da soli né in gruppo. Questa cosa potrebbe allontanarla totalmente da voi, arrivata ad una certa età, la donna vuole essere la vostra partner, non vostra madre. Invece ubriacarsi insieme a lei, quando il rapporto è già un pochino più stabile potrebbe forse essere un punto a favore, perché senza inibizioni potrebbe darvela tranquillamente.

8)      Sparire nel clou della conoscenza/corteggiamento, senza neanche un perché o una minima spiegazione.

9)      Non fare il “bravo ragazzo”, sempre disponibile e pronto ad accontentarla. La donna si stanca molto facilmente, soprattutto della monotonia.

10)   Non elargire spropositatamente complimenti: diventate poco credibili.

Cosa da fare per conquistare una donna.

1)      Dirle sempre, scherzando, che è grassa.

2)      Giocarci, e non prendersi troppo sul serio.

3)      Dedicarle canzoni, o quanto meno scambiarci una confidenza musicale. Questo la avvicinerà molto a voi, specie se poi le canzoni le piacciono, e innamorandosene , comincerà ad associare le stesse alla vostra persona. Metà del lavoro sarà già fatto!

4)      Invitarla a ballare, con o senza musica. Ovunque capiti.

5)      Farle usare quando ve lo chiede/impone, senza opposizione alcuna, vostri maglioni, felpe o camicie.

6)      Cucinare per lei, non semplici cibi, ma una vera e propria cenetta, degna dei Reali d’Inghilterra.

7)      Portarla al mare all’inizio della primavera, quando le spiagge sono ancora deserte.

8)      Lasciarle i suoi spazi, senza alitarle sul collo ogni minuto. Non vi tradisce se va al bagno senza portarsi il cellulare dietro!

9)      Tenerle testa. Litigare, per delle piccole sciocchezze, può stimolare la donna, e far sì che la stessa non vi appenda nel giro di 2-3 mesi.

10)   Condividere con lei le vostre passioni.


Inutile dire che, come vi muovete vi muovete, per una donna andrà sempre male. Qualsiasi cosa farete non sarà mai quella che desidera la vostra donna in quel preciso momento. O dite sì, o dite no, sbaglierete comunque.