L'hai trovato. E tu, stupido, neanche lo sai. Sfiorandomi, tra una carezza bugiarda e l'altra, hai accidentalmente manomesso il meccanismo. Hai invertito l'ingranaggio. Dov'è? Forse nel ginocchio, quello sinistro? O forse è sul collo, dietro l'orecchio? Forse è dentro la bocca, o probabilmente già sulle labbra. E se il mio fosse uno di quei modelli talmente innovativi, dotati di una tale tecnologia avanzata -addirittura prematura per il suo tempo tanto da avermi tenuta passiva così a lungo- che segue il funzionamento della scansione reticolare? Se fosse stata quella parte d'oceano a scagliarsi violentemente sulle scure rocce, abbattendole senza neanche levigarle un po'?
L'hai acceso, e te ne sei andato senza neanche curarti di spegnerlo.
Io l'ho cercato per anni. Da sempre. Senza mai trovarlo.
E adesso che ho ottenuto quello che volevo, adesso che sono pure felice di non averti più, mentre ti ringrazio -perché è giusto così- vorrei sapere dove si nasconde il mio interruttore, per poterlo spegnere -perché è più facile così.
Ma questa non è per te.
Forse dovrei smettere di cercarlo, e tenermelo così, con tutte le nuove confusioni piacevoli -e perché no, anche quelle dolorose- che mi provoca.
E' bello tornare a scrivere. E' bello tornare a farlo così.
Una mano batte tanto rapidamente sui tasti -bianco su nero. L'altra trattiene senza alcuna fretta, ma con tanto timore, il cuore.
Queste bellissime parole mi perseguitano. E malinconicamente mi lascio perseguitare. Anzi. Sono io a perseguitarle. Sono io che le cerco. Sono io che le indosso. Sono io che le imprigiono senza lasciarle andare via.
Il mio cuore. Io avevo un cuore?
Le ho ascoltate per due mesi. Quasi tutti i giorni per due mesi. Ma adesso hanno un significato in più. Hanno un senso nuovo. E non è del mio cuore, questo mio nuovo cuore, di cui voglio parlare.
Non parlerò dei due mesi scorsi. Parlerò di ieri.
E' un bel po' di tempo che quando guardo un film, non mi resta nulla. E quando qualcosa mi resta non è mai una grande emozione. Quel tipo di emozione che ti turba veramente l'anima. Di solito scappo dai film che mi turbano l'anima, che mi lasciano l'amaro in bocca, anche se fondamentalmente sono i film che preferisco di più. Solo che non mi va di cucirmi addosso uno stato d'animo indefinito.
Ieri ho visto per la prima volta "Pensavo fosse amore...invece era un Calesse". Amo Troisi, lo trovo un artista a tutto tondo. Ho letto che a lui non piaceva essere paragonato a Totò, ed effettivamente sono diversi. Eppure perché io sento che questa sua poesia "O ssaje come fa 'o core" è tanto toccante -e per me anche di più- di "Malafemmena" di Totò?
Il film che ho visto ieri mi ha lasciato senza parole. Non mi aspettavo quel finale. Forse, però, avrei dovuto aspettarmelo. E magari ho avuto un colpo al cuore proprio perché non ero preparata: perché ho sempre interpretato il testo della canzone "O ssaje come fa 'o core" -che Troisi ha messo nero su bianco durante la scrittura della sceneggiatura del film in questione- in un modo leggermente diverso rispetto al suo senso reale (decisamente inequivocabile nella poesia, e che per questo ho deciso di inserire al posto della canzone).
Io credevo che lo sbaglio del cuore fosse quello di essersi innamorato della persona sbagliata. Ma di esserne davvero, e ancora, innamorato, nonostante fosse stato leggermente influenzato dall'altra parte, la mente, che tutto vede con razionalità.
E invece...
...e invece non era mai stato amore, ma soltanto un calesse.
Mai parole più emozionanti credo di aver ascoltato o letto nella mia vita: "E prima di dare il tempo agli occhi di innamorarsi, già si era fatto avanti il cuore". E' assurdo come qualcuno sia stato in grado di dare una visione così realistica, anzi reale, di un sentimento così tanto difficile da spiegare. E' assurdo come sia stato possibile spiegare l'inspiegabile. Io davvero non riesco a trovarle, invece, le parole, per dire quello che vorrei dire qui. So solo che non è vero che l'amore non si spiega. Perché questa poesia rende l'amore vivo anche se ancora non lo provi, e quando lo provi, in un modo o nell'altro, quelle parole le rubi e 'le imprigioni, senza farle andare via'.
E quel " E io mi dicevo 'com'è che è finito? Ma io non mi arrendo: ci voglio provare!' Allora il cuore si fece avanti e mi disse 'tu vuoi provare? Prova. Io me ne vado. Lo sai come fa il cuore quando si è sbagliato' ". Anzi potremmo anche tradurlo così:
"E allora com'è che non l'amo più?". Ci vuole coraggio per cominciare. Ci vuole coraggio per restare. E ci vuole altrettanto coraggio per andare via. E ancora una volta trovo più significativo usare le sue parole: "Bisogna avere il coraggio della fine, piano piano, con dolcezza, senza fare male...ci vuole lo stesso impegno e la stessa intensità dell'inizio." Come coraggiosa è stata la scelta di parlare della fine di un amore da questo punto di vista. Una scelta coraggiosa e rischiosa, che ha visto nuovamente vincitore Troisi. E tutto questo lascia l'amaro in bocca. Il film, l'idea che gli amori finiscono, e si perdono nel tempo. Come c'è l'amaro in bocca nel rendersi conto che nel 2014 Troisi non c'è, e non c'è neanche un Troisi. E non è per mero conservatorismo. E' proprio che oggi ci sono pochi film buoni, tra la tanta pellicola spazzatura; eppure nessuno ti emoziona da star male così, nessuno 'ti ruba l'anima'. E fortunatamente quei pochissimi film che si avvicinano ad una stimolazione del genere, sono italiani.
Il belpaese...si si, a dire il vero mi sono rotta il cazzo di questo paese...dove tutti restano dove stanno, chi in alto resta in alto, e ci piazza figli, nipoti, bisnipoti, mentre chi sta in basso -e magari si fa il culo- sprofonda ancora più in basso. Sinceramente? Mi pento pure di conoscere Dante, di conoscere i Promessi Sposi, di sapere cosa sono "Gli amorosi sensi", mi pento di aver ammirato Caravaggio...Questo paese di merda mi fa pentire delle bellezze che ho, delle emozioni che provo camminando ogni volta nel mio centro storico, immaginando quanti illustri prima di me hanno percorso la stessa via. Io me ne pento. Era meglio se restavo analfabeta, facevo il macellaio o il pescivendolo o il falegname, imparavo un mestiere, avevo una piccola autonomia. A che mi è servito studiare? Ad essere obbligata a farlo ancora? e dopo? sarò obbligata a studiare ancora e ancora...Quando smetterò di essere costretta nella passività di un libro del cazzo per cominciare ad imparare un mestiere nella pratica? E il peggio del peggio, è che non ho mai preteso tanto. Va bene se non imparo a stare in un museo, va bene se non divento una guida turistica, va bene se non posso aprire una mia Galleria d'arte, perché per quello ci vuole una bella sommetta che evidentemente non ho, va benissimo tutto, però che cazzo, un misero lavoro da imparare...Io, che da piccola non ho mai immaginato il giorno del mio matrimonio, ma una Laurea ed una vita ricca di soddisfazioni lavorative; io, che mi vedevo con un tailleur nero, camicia bianca e con scarpe di poco alte, ad essere l'eccellenza, il meglio che si potesse avere, mi ritrovo a cercare, chiedere un misero lavoro del cazzo, magari in un negozio del cazzo, a mettere a posto vestiti o scarpe. Io, che mi immaginavo come una donna in carriera senza neanche un marito e una famiglia, perché non mi sarebbero stati indispensabili, sto arrivando, in questi giorni, a pensare che era meglio quando le donne si sposavano e stavano a casa a fare casalinghe, perché tanto oggi non cambia un cazzo, siamo solo frustrate perché vorremmo fare cose che di diritto potremmo fare, ma non riusciremo comunque a fare. Che tristezza. Io? Così intelligente sono diventata così stupida? Da nessuna famiglia a diventare schiavetta di un marito? Che tristezza. E questa è colpa dell'Italia, di questo belpaese vergognoso. Dovrei puntare in alto, ma come posso puntare in alto in un paese dove non conta un cazzo la laurea figuriamoci una persona? Va bene se non posso vivere di antropologia, va benissimo, voglio cominciare dal basso, da sottoterra, voglio cominciare anche dall'inferno, e magari fare qualcosa che mi piace veramente a 50 anni (che sarebbe tristissimo per me) ma vorrei cominciare almeno. Ma quest'Italia di merda ti spegne, ti spegne ogni desiderio. Come si fa a vivere così? A vivere a 25 anni ancora a casa con la tua famiglia? Non che ci sia niente di sbagliato: il problema non è "non vivere da sola" ma "sapere di non poterselo permettere". Io odio l'Italia. Stiamo sempre punto e a capo. Cambia la classe dirigente, ma mai la situazione dei poveri disgraziati come me, che a 25 anni non possono studiare, non possono lavorare. Allora ammazziamoci...questo stanno aspettando.
E poi ti dicono: si fanno sacrifici per ciò che si ama. Ok. Altro punto che mi fa imbestialire. Mi piacerebbe farmi una gita alla settimana, ma facciamo economia: una gita al mese. Vai a firenze perché non l'hai mai vista, ne senti il desiderio. Ci devi rimanere minimo 5 giorni per vedertela in maniera accettabile ed intelligente. Mettici il costo del biglietto andata e ritorno, l'alloggio, e le entrate nei musei, nelle chiese (assurdo, dal momento che qui a Napoli questo non accade, perché l'arte è di tutti, l'abbiamo e la regaliamo col cuore) etc. Ci vuole un budjet non indifferente, ma se io non ho un cazzo di lavoro: come diavolo coltivo la mia passione nella pratica e non solo nello studio? Qualcuno mi da una cazzo di risposta!!?
Forse è questo quello che si prova, quando si dice che mente e cuore non vanno d'accordo. Forse è questo che si prova.
Il cuore ti rende debole, ridicola.
La mente ti fa fare cose sensate, magari sbagliate uguale, ma con una logica. Quel tanto per non sentirti stupida. Ma sono ugualmente importanti i rischi che corri.
La foto ritrae un giovane ragazzo siciliano in una famosissima piazza di Palermo. Di giorno venditore di carne al mercato, di sera, nel medesimo luogo, s'inventa cuoco sciué-sciué per le bocche affamate, o semplicemente stuzzicate, di compaesani e turisti. Poco più di ventidue anni alle spalle e tanta voglia di fare; soli ventidue anni e tanta voglia di vivere. Qui il viaggio non solo inteso come scoperta dei sapori culinari. Il viaggio è inteso come sapore delle persone, che hanno una vita da raccontarsi. Come la storia di Angelo.
Non ho granché da dire. Forse che come al solito parto in 4°; forse che come al solito esagero. Forse. Ma non me ne frega. So di essere ridicola in questo momento. Tra un mese mi rileggerò e penserò: sei stata proprio ridicola, ma non ti vergogni. Ma adesso non me ne frega. Voglio solo dirti che ti ricordo.
Mi ricordo di te, della tua felpa grigio-bianca, mentre alto com'eri, ti piegavi e cantavi in maniera struggente una frase, un ritornello di una sua canzone. Mi fa piacere pensare che sia questa.
E ti immagino sempre così, di spalle, piegato. E ti ho guardato. Ho visto il tuo volto, i tuoi riccioli, le tue spalle, il tuo petto, i tuoi baffetti, il tuo sorriso. I tuoi occhi blu. Eppure mi piace ricordati così. Mi piace ascoltarti in questo pezzo.
L'anima vola. Le basta solo un po' d'aria nuova. Non mi comprare niente, sorriderò se ti accorgi di me fra la gente. Un bacio è come il vento quando arriva piano, però muove tutto quanto. E un'anima forte, che sa stare sola, quando ti cerca è soltanto perché lei ti vuole ancora. E se ti cerca è soltanto perché l'anima osa. E' lei che si perde, poi si ritrova. E come balla, quando si accorge che sei lì a guardarla.
Mi manca. Mi manca qualcosa. Mi manca la sofferenza. Mi manca il sangue caldo che scorre dentro. Mi manca il desiderio, quello puro, quello contro tutto e tutti; mi manca quel desiderio incondizionato e cieco, il desiderio di qualcosa, il desiderio di qualcuno. Il desiderio di avere qualcosa con qualcuno. Mi manca la quotidianità. Mi mancano le cose dette, ma soprattutto quelle non dette. Mi mancano alcuni sguardi, quelli imbarazzantemente lunghi fuori ma troppo brevi dentro, quelli troppo brevi fuori, ma imbarazzantemente lunghi dentro. Mi manca il timore, quello di essere scoperta. Mi manca quel timore genuino di mostrarmi come un libro aperto, e di non riuscire a nascondere le mie sensazioni, le mie emozioni. Mi mancano soprattutto loro, le emozioni. Mi manca l'istinto. Odio ragionare. Pagherei qualsiasi somma per smettere di pensare almeno per un giorno; pagherei per dare libero sfogo a quell'istinto senza poi pentirmi a causa delle probabili conseguenze. Mi manca la voglia involontaria di toccare e sfiorare e condividere. Mi manca quella paura di perdere, e quindi il coraggio di agire, di osare. Mi manca trovare una stupida scusa per accarezzarti, chiederti delle tue unghie, delle tue mani pur di tenerle tra le mie. Mi manca l'ansia, quella stessa ansia che mi verrebbe se io cercassi una scusa, una tra le più stupide e palesi, per potermi avvicinare a te. Mi manca quella possibilità di sfruttare una canzone per esserti complice, venirti vicino, ballarti intorno, ammiccandoti. Mi manca il modo in cui tu mi guarderesti: un modo del tutto nuovo, come non mi hai mai guardata prima. Ti accorgeresti di me e neanche te ne renderesti conto. Cominceresti a pensare che poi tanto male non sono. E dopo un po' mi guarderesti con desiderio. Cominceresti a trovare scuse per starmi vicno. Avresti paura di essere scoperto e non essere ricambiato. E mi manca l'attesa, che alimenterebbe tutte le mie paure; accrescerebbe tutti i miei desideri. E le azioni incontrollate, le mie azioni incontrollate. Anche quelle mi mancano.
Col senno di poi.
Ci sono giorni che entro in crisi. Ma poi mi calmo, e torno autosufficiente, purtroppo. :)
gli occhi tuoi cercavanoun abbraccio e un po' di solitudine sfumava.. bene così.
Coprimi di sogni e di coraggio
portami via da qui
tu capisci bene il mio linguaggio.. lascia che sia così.
che tanto sei la cosa più importante per me.
Adesso, ho imparato anche a sognare
la fantasia non mi interessa più.
Vivo di banali concretezze appese ad un filo di malinconia
frutto di un amore quotidiano
che aiuta a dare un freno alla pazzia!
i giorni dati in pasto alla rabbia
quando rischiavo non fossi più mia.
Coprimi di sogni e di coraggio
portami via da qui
tu capisci bene il mio linguaggio.. lascia che sia così.
che tanto sei la cosa più importante per me.
Secoli per dirsi una parola
adesso invece c'è una cosa sola:
è frutto di un istinto naturale
che ci porta via e ci fa volare
e allora.. Coprimi di sogni e di coraggio
fallo per me
con te sono come in ostaggio.. lascia che sia così.
che tanto sei la cosa più importante per me... Bene così.
Brad Kunkle, Seer - oil and gold leaf
Di solito penso: "portami via da qui". Forse quest volta -forse- è diverso: resta qui, restiamo qui, insieme.
Questo è quello che pochi giorni fa ho appuntato da qualche parte. E ci ho ragionato. Ho voluto, come al mio solito, razionalizzare.
Tutto questo non è molto reale. Non posso avere il dubbio dopo un anno. Sì, è passato già un anno. Un anno in cui ti ho pensato -a volte sognato- spesso. Ma non ho mai avuto alcuna certezza sul tuo conto. Si, un inverno insieme; e gli sguardi preziosi e inverni silenziosi per me, e l'illusione che almeno in qualche occasione sia stato lo stesso anche per te. E se ci ripenso: ma quale linguaggio? Credevo avessimo lo stesso linguaggio, quello delle note. Credevo che tu saresti potuto essere quella realtà della quale avevo bisogno: restare vicini senza dire una parola; stare vicini, in silenzio ad ascoltare, in silenzio ad ascoltarsi. Capirsi.
E se lo scorso anno il mio problema era il tuo impegno e la mia scomodità, in questi ultimi mesi sono andata oltre impegni e scomodità: lei non esisteva, o quantomeno non era più un mio problema, una mia preoccupazione. Non è nessuno da rispettare. E se dopo questo grande passo psicologico -morale- per me, tu ancora non sei una certezza dentro, diventa solo una questione di logica: per logica, tu non m'interessi; non in quel senso almeno.
Casey Baugh
Al di là di tutto:
Forse non mi lego a nessuno perché sono una persona onesta, ma non fedele. Chi lo sa.