lunedì 30 settembre 2013

martedì 24 settembre 2013

'Un essere imperfetto'

William Oxer, The Wish


La donna è un essere imperfetto. Non c'è niente da fare. Per quanto la si decanti, la donna è sbagliata.
Non sa mai quello che vuole. Non sa mai quando lo vuole. E soprattutto non sa mai perché lo vuole. A volte pretende perché non ha. Altre volte ottiene e subito lascia andare via. Può essere tanto forte, ma incredibilmente fragile al punto tale da non rischiare mai, al punto tale da convincersi di cose che in realtà non sono.
Delle volte arriva addirittura a costringersi ad amare, non importa chi.
Sa fingere molto bene con se stessa. Troppo poco con gli altri, quando non si convince delle sue stesse menzogne.
E' maledettamente lunatica, la contraddizione per eccellenza. E non è che non sappia scegliere, o abbia poco coraggio per farlo; è solo che ogni volta sembra fare le scelte sbagliate. Sempre.
Una volta una parola di più. La volta dopo una parola di meno. Porteranno sempre allo stesso risultato.
Sa di non essere infelice, ma non sa mai se è felice.
E quand'anche trova il fine, non riconosce mai il mezzo. Ed il fine senza il mezzo, non è che abbia molto senso. 
Si ama e si disprezza, finché non si perde.
Ogni volta crede di migliorarsi. Ora è diversa. Ora è sciolta, disinvolta. Non gli importa di nulla, e soprattutto di nessuno. Lo sa, lo sente.
Se ne accorge.
Si obbliga al disinteressamento.
E' disinteressata.
Eppure basta poco. Un pensiero sbagliato della mente e subito si costringe ad un finto amore.
Non è amore.
Ma allora, cosa diavolo è?
Il desiderio di cose non realmente desiderate.

Non ne ho la più pallida idea.

sabato 21 settembre 2013

...Un discorso che diceva tutto...e non diceva nulla...


Era da un po' che desideravo spendere due parole su questo uomo. Se le merita.

Credo sia l'unico artista Italiano, l'unico cantautore, anzi, più di questo: l'unico cantastorie della realtà, di cui amo profondamente ogni pezzo.
Dice di ispirarsi a De André, e nello stile, almeno io, lo noto.

Oggi avevo voglia di musica intelligente. La ballata dell'amore cieco. Proprio De André. Ma non mi sentivo a mio agio oggi, non mi sentivo quella musica addosso. La scelta è ricaduta su L'Onorevole. Mannarino. Mi mancava. Mi manca.
C'è una cosa straordinaria che fa questo uomo. Forse adesso lo si può considerare un po' commerciale, suo malgrado. Non è più quell'artista di nicchia che era quando cominciai ad ascoltarlo io. La mia unica e magra consolazione è che fortunatamente non è sparato a tutte le ore su tutti i programmi musicali che si vedono in tv. Forse sono proprio quelli che ammazzano la musica. E sicuramente anche Mannarino ci avrà messo del suo. Dopo il successo, assolutamente meritatissimo, sarà cambiato, non sarà più lo stesso ragazzo di una volta; la testa si monta facilmente. Ma io lo apprezzo comunque, senza puntargli il dito contro, perché credo lui abbia fatto tanto per la musica: così giovane si è fatto spazio tra i grandi nomi della musica, della poesia. Così giovane ha portato in vita un genere che forse aveva stancato chi avrebbe dovuto farlo, non ascoltarlo, un genere che forse nessuno più riusciva a creare con il cuore, un genere che forse per comodità, molti altri hanno accantonato, lasciandone il ricordo solo ai morti.
E per quanto io creda che lui abbia fatto tantissimo, più di quanto forse fosse stato realmente in suo potere, più di quanto egli stesso avrebbe mai potuto immaginare, per la musica italiana, sento che ha fatto tantissimo per me. Dicevo infatti che questo uomo fa cose straordinarie. Le sue canzoni sono perfette così come sono, e ritrovare questa caratteristica in tutte le canzoni di un solo artista è difficile secondo me, quasi impossibile: le giuste parole, le giuste metafore, la giusta teatralità nella sua voce, le giuste note, le migliori, i giusti accordi, i più stimolanti, tutti gli strumenti più vibranti che ti fanno vibrare il cuore, la pelle.
Io non dimenticherò mai la prima volta che l'ascoltai dal vivo al Bellini di Napoli. Vale tutti il costo del biglietto. Forse anche di più. E' stata credo una delle emozioni musicali più forte e bella della mia vita. Gridavo le sue canzoni; gridavo quelle che credevo mi rappresentassero, gridavo quelle che volevo appartenessero a me, gridavo quelle che accennavano alla mia bella Napoli. E gridavo perché non mi bastava ascoltare. Io volevo dire, volevo comunicare, ce l'avevo dentro e doveva in qualche modo uscire. Quel giorno io mi sentivo sul palco, ero parte di qualcosa che amavo. E sarà che quella fu la prima volta, ma la seconda, ad Otranto, in un parco all'aperto, certamente più consono alle sue "Ballate", non mi ha dato la stessa emozione. Forse perché ha cantato meno brani.
Ho pubblicato qui una canzone, una delle mie preferite, anche se è difficile poterla definire tale, poiché davvero non si può scegliere con brani come L'era della gran publicité, in cui si mischiano le culture con tutte le loro lingue, senza dire nulla, eppure dicendo tutto; o come Merlo Rosso, che per me rappresenta l'affetto più sincero, l'amore, se si vuole, o la sofferenza; o ancora come Maddalena, un racconto laico e moderno, che nessuno poteva mai pensarlo meglio di così; o come vivere la vita, l'invito più intelligente per bocca di un bambino; e non nego che con Mannarino, e alcuni pezzi in particolare, ascoltando non soltanto il testo delle storie, ma soprattutto gli accostamenti musicali, mi viene da piangere, ma non di tristezza, ma di emozione, e so per certo che non capita solo a me, conosco altre persone che hanno pianto all'ascolto dei suoi brani. E l'ultima volta che mi è accaduto, sono stata felice, perché vuol dire che esistono ancora autori che sanno emozionare nel vero senso letterale della parola, e non perché ci si immedesima nella storia e quindi ci si sente protagonisti, semplicemente perché pure affacciandosi da esterni a quella finestra, quella canzone ti lascia qualcosa dentro: qualcosa che non ti appartiene già, ma qualcosa che ti da un po' di sé.
L'onorevole, è uno di quei ritratti del nostro mondo attuale, è il ritratto di quello che penso io, ma un ritratto del tutto originale. Non è l'ennesima canzone contro il politico, è la canzone del politico. Almeno questa è stata la mia lettura. Non si punta il dito contro la corruzione del politico, è dipinto il passaggio da uomo a corrotto. La promozione ad onorevole come morte, il leggìo come una cassa da morto...Deceduto appena da poco...i segni della morte erano evidenti...Chiamò il generale Panciapiena ed ordinò i più feroci bombardamenti su tutti i suoi sogni passati in difesa del popolo e dei giorni seguenti...Questo è quello che penso io: si sale in politica con i più leali e legali propositi, ma non se ne può uscire che con le mani sporche...
So di non essermi spiegata molto bene, ma diciamo che questa canzone io la trovo molto vicina a "Vecchio Frack" di Modugno, ma è piena di metafore significative, non è una storia, è una fiaba, con un messaggio nascosto...più che con un messaggio: con una riflessione personale...
Vi assicuro che sono stata molto riduttiva, e vi consiglio vivamente di ascoltarlo per farvene un'idea, migliore di come l'ho descritta io...
Quindi non vi stresso più...Ma Mannarino? Con o senza testa montata si merita un bel 110 e lode. 

mercoledì 4 settembre 2013

"Come la Luna, le Stelle, il Sole..."


Oggi prendo coraggio, e ve ne parlo.

L'inizio e la fine: non è un caso.


Solitamente quando parlo dei Beatles, faccio solo qualche accenno, perché così riesco a restare in superficie, tanto da custodire soltanto il meglio di loro, perché se scavo in profondità, immagino quale possa essere il mio stato d’animo.
E sono una stupida. Sì, io mi ritengo una tipa davvero dalle larghe vedute; solo che poi mi capitano certi momenti, quelli in cui, col senno di poi (tipo oggi!) posso invece definirmi stupida, in cui ostinatamente mi impunto, sbatto i piedi a terra e decido che almeno una volta all’anno, quella volta all’anno, devo avere i paraocchi, forse proprio per tenere il mio stato d’animo sotto controllo.
Una delle questioni in cui da anni, ho deciso di impuntarmi è proprio questa: il seguito dei Beatles. Mi sono sempre rifiutata di ascoltare le loro canzoni da solisti, senza il gruppo dei Fab Four.
Li ho scoperti, neanche so come. Ricordo solo di quell’odioso compact disc rosso (sì, io odio i ciddì), comprato da mamma non so quando né perché, con su scritto “The One”, con 27 o forse 28 dei loro maggiori successi…

Ho apprezzato quei pezzi: Love me do, She loves you, Eight days a week, Penny Lane…scoprendo di avere proprio in quel vecchio ciddì uno dei miei pezzi preferiti Come together, soltanto tre anni fa…
Ho cominciato a sorridergli, a sorridere ad ognuno di loro, dentro di me, ad ogni ascolto, ad ogni osservazione, ad ogni loro immagine.
Li ho amati. Davvero. E li amo ancora oggi. So che se fossi vissuta negli anni ’60, e con l’età giusta, avrei perso la testa per quelle quattro testoline; già mi vedo: una ribelle che sarebbe volata fino a Londra, o in Germania pur di vederli. Avrei fatto carte false per avere un biglietto del loro breve spettacolo a Roma o a Genova o altrove in quelle uniche date italiane. Da buona e accanita sostenitrice avrei amato l’allegria e la gioia di vivere di Paul, avrei amato quel suo fantastico modo di divertirsi, con poco, tre amici, tre compagni ed una passione, perché il successo è venuto poi; ed avrei amato quel suo essere leader tenendo testa ad un altro grande. E sì, avrei amato anche lui, John, per la sua spiccata personalità, per le sue stranezze, per la sua mancanza di paura nel dire ciò che pensava, come quando affermò, senza alcun timore, di aver fumato erba a Buckingham Palace, o come quando addirittura arrivò a dire che la fama dei Beatles aveva superato quella di Gesù. I Beatles, che lo si voglia o no, hanno formato una generazione. E’ vero che si sono mossi sulla scia dei Beach Boys californiani, ma sono andati oltre quelli. Hanno introdotto uno stile rock (oggi considerato ‘troppo pop’), uno stile musicale che è stato sempre in continua crescita, in continua ricerca di forme nuove, formule nuove, riscoprendo strumenti alternativi e meccanismi innovativi, fino a giungere a suoni psichedelici che hanno poi ispirato gruppi successivi di grande fama. I Beatles si portano dietro una grande eredità culturale, non solo, appunto, musicale. Hanno influenzato la moda, il pensiero, lo stile con il proprio stile, di vita. Hanno influenzato un secolo e, a mio avviso, quelli avvenire; per me hanno un posto speciale riservato nella storia. Sono immortali, nonostante tutto. E c’è un’altra cosa che penso. Penso che quello dei Beatles, sia l’unico gruppo, NELLA STORIA, in cui, almeno per un lasso di tempo, sia stata possibile la compresenza di due Leader, John e Paul. Non credo di conoscere altro gruppo musicale in cui ci siano stati due grandi nomi, due grandi modelli. Lennon e Mccartney: due individui, tanto diversi, ma anche tanto amici, tanto complici, avvicinati forse dalla prematura scomparsa delle proprie madri. La loro band: SPECIALE, perché unica al mondo in cui fu possibile condividerne (ecco, condividere mi sembra davvero il termine più appropriato!) la Leadership. E sono fermamente convinta che ci sono delle personalità nel mondo che possono anche non piacere, ma nel bene o nel male, influiscono nella storia, nella vita di ognuno di noi, oltre lo spazio ed oltre (soprattutto) il tempo. Ed i Beatles appartengono proprio a questa categoria di personalità. Mi ripeto: puoi non amare la carriera di un artista, puoi non condividerne il pensiero, può starti anche semplicemente antipatico, ma non puoi non considerarne realmente il contributo, non puoi non considerare l’effetto, l’eco e la reazione, che scatena un particolare individuo, quasi come fosse il ritorno di un’onda che si propaga e si propaga e si propaga praticamente all’infinito.
Forse sarò io, su questa cosa, un po’ troppo radicale, un po’ troppo chiusa mentalmente, ma credo che fino all'esalazione del mio ultimo respiro la penserò così: ci sono cose che si devono accettare, a prescindere dal proprio pensiero, a prescindere dal proprio piacere. Questo non significa che gli adulatori di Justin Bieber (che potrebbero anche essere accaniti fan di Morrison o chicchessia…) debbano ascoltare i Beatles (anche se la cosa certamente male non gli farebbe!), dico solo che devono tenerli in considerazione. E dico questo perché purtroppo non scherzo: ho parlato con persone che mi hanno detto che i Beatles ‘alla fin fine’ non sono che un gruppetto creato dalla EMI per fare soldi, e che le loro canzoni non dicono nulla. Queste per me sono le persone che non ne capiscono veramente un cazzo di musica (mi sono un secondo alterata! Sorry), e non che ne capisca qualcosa io, non ho (sinceramente, e lo dico col cuore) tale presunzione. In una canzone non c’è solo un messaggio verbale. Non è il solo “Lei ama te, yeah yeah yeah”. Una canzone non è solo questo. Non è stata solo la musica a plasmare quella generazione: era quel gruppo, quello dei Fab Four, l’immagine reale e non realistica che la gente aveva di quei quattro amici, prima che colleghi. I Beatles, erano una novità, una ventata d’aria fresca, un punto d’inizio per un tempo nuovo. Solo i dementi possono dire che i Beatles (assolutamente non assemblati dalla EMI entro le quattro mura di una sala dì incisione. John, Paul e George frequentavano la stessa scuola) non hanno scritto niente di che, e che i loro pezzi sono semplici. I loro brani non sono semplici, sono semplicissimi, ma non banali come le cazzate che le star statunitensi scrivono oggi (artisti che ascolto anche io, eh!); e per di più: le cose semplici, banali hanno grande successo, ma vita breve; All You Need I Love, è eterna. Chi riesce a fare questo, a rendere universale ed eterno qualcosa di ‘semplice’ può essere solo classificato come genio.
Io ad oggi ci penso ancora: e mi mancano le parole…per una cosa così grande, così straordinaria…
Purtroppo però, è ovvio anche che due menti così diverse, ma così tanto esplosive, con la medesima carica, prima o poi si sarebbero scontrate, prima o poi sarebbero andate in conflitto, anche se nessuno, credo, se l’è mai augurato, anche se nessuno se lo sarebbe mai aspettato. Eppure è accaduto. Ed anche io, come credo veramente milioni di persone, cercavo di giustificarli, colpevolizzando Yoko Ono. Lei potrebbe essere stata soltanto una goccia, ma il vaso già era colmo. La verità è questa, ed è un annetto che me ne sono resa conto.
Le persone crescono, maturano, cambiano, si scontrano, fino forse ad odiarsi. Alla fine: si allontanano, senza rimorsi, senza rimpianti. Prendere strade diverse nel presente, sceglierne di nuove per il futuro, non cancella quelle del passato. L’avere delle nuove idee, forse contrastanti, non può precludere anche la stima reciproca. Il passato è ciò che siamo oggi, non si rimpiange. Il fatto che i Beatles ‘non siano stati più’, il fatto che essi abbiano avuto anche delle tristi controversie legali, non nega che comunque loro ‘ erano' ed 'erano stati’. E comunque, in un modo o nell'altro: 'eternamente saranno', perché per quanto ‘erano stati’, e passati, qualcosa dentro di loro è rimasto, e per sempre rimarrà. Questa separazione mi ha fatto soffrire, ma poi, come ho qui spiegato, ho capito. Meglio essersi amati ed aver smesso, piuttosto che non averlo fatto assolutamente. E se è vero che la magia in quel gruppo sembrava essersi spenta, non lo era del tutto: il loro ultimo lavoro, forzato però, fu proprio Abbey Road (sìsì…ce l’ho! Ahahah), che è praticamente un capolavoro. Inoltre, nonostante vicende legali e quant’altro, dal ’70 in poi Paul e John cominciarono a frequentarsi nuovamente, anche se, come ripeto, secondo me le cose, anche quando sembrano essersi aggiustate, non possono mai tornare come erano un tempo. La fortuna è che ci si riprova.
Tutto questo preambolo su quello che penso dei Beatles come gruppo, semplicemente per dirvi due parole dei Beatles come singoli.
Poiché amavo il gruppo, mi rifiutavo di ascoltare i pezzi dei singoli, pregiudicandoli di basso valore. Ora per carità di Dio, non oso accostare la grandezza dei quattro messi insieme, con i quattro presi separatamente, sarei un’idiota. Ma è una gran cazzata che da singoli valgano meno che niente (già se si pensa ad Imagine di Lennon). E questo l’ho scoperto proprio perché, prima di partire per le vacanze, ho beccato su radio capital tivù un pezzo di Lennon, Istant karma! del 1970 (e che è ancora molto vicino allo stile beatlesiano). Credetemi, è fantastico. E neanche a farlo a posta, come fosse destino che cominciasse con John e finisse proprio con Paul, e non un altro, il giorno prima di ritornare a Napoli, nel bed and breakfast di Palermo sento un pezzo in radio e nonostante la voce fosse leggermente diversa, io, da sola, ad alta voce ‘sono i Beatles, me lo sento, però questo pezzo non lo conosco? E’ bello, chissà come mai non l’ho mai ascoltato’. Subito dopo la speaker conferma che è Paul, con Hope of Deliverance.

E quindi il mio consiglio è di non avere, anche in questo, una sorta di pregiudizi. Se vi piacciono i Beatles, ma vi rifiutate di saperli anche separati, fate un passo indietro, erano un grande gruppo, ma anche delle straordinarie persone. 

Ed ecco perché questa è la fine.