lunedì 24 giugno 2013

"E vedo una bambina..."


Oggi ho, per caso, riletto una cosa che ho scritto un po' di anni fa, due o tre, forse. E non è la prima, ma è certamente stata la prima che mi abbia fatto sentire davvero piena dentro, così soddisfatta, così orgogliosa di me. E tutt'oggi, che un po' di altre cosette le ho scritte(effettivamente ancora un po' troppo poche, ma sono dell'idea di non volermi forzare nella scrittura, perché il risultato sarebbe poco autentico, pessimo, perché poco sentito. E poi so di non poter fare della scrittura il mio mestiere, conosco i miei limiti: non ne sono capace, e quindi rimarrà un piacere spassionato.), sento che è una di quelle immagini tra le più belle che io sia mai riuscita a rappresentare nonostante i numerosi vezzeggiativi fastidiosi a molti; una delle immagini più genuine ed autentiche che io sia riuscita a vedere, quasi come in una visione (un pezzo recente che ho sentito entusiasmante quasi quanto questo è Indietro nel Tempo). E volevo condividerla con qualcuno. Mi verrebbe di chiamarvi "Voi"....ma so che quei pochi di voi che capitano qui dentro, ci capitano per caso. 
Ps non so se si è capito, ma le canzoni che associo alle cose che scrivo, sono la mia fonte di ispirazione, da cui tutto nasce, e sarebbe carino accompagnare la lettura a quei suoni creatori. Ma ovviamente non è un obbligo perché tutto è molto soggettivo (potreste leggermi anche ascoltando rap americano ecco!) e soprattutto difficilmente riuscireste a vedere quello che ho visto io, con i miei stessi occhi. Cerco solo di rendervelo più vicino.



Vedo riccioli d'oro, come spighe d'estate, un visino rosa pallido, con un nasino aggraziato all'insù, e delle esili braccine con delle gracili manine. Ed occhi blu oceano. Un nastrino rosso per raccogliere una ciocca profumata, ed un vestitino dello stesso colore, a fantasia. E piccole scarpette. Un sorriso  inizialmente  imbronciato, ma che subito si trasforma in puro e sincero, come solo quello dei bambini può essere.
Ed il suono, lieve, delle campane della piccola chiesetta antica sveglia il resto del paesino ancora dormiente, mentre fa compagnia a coloro i quali, già svegli da lungo tempo, preparano pasta fresca fatta in casa e pane caldo.
E vedo una bambina, quella stessa bambina, seduta su delle scalette dell'antico borgo. E poi alzarsi e correre per le stradine ciottolose, con una bambola di pezza tra le braccia. Correre all'echeggiare di quelle campane. Fermarsi ad osservare il mondo così grande, il paesino così grande. E poi raggiungere la vastità del prato verde, dove ai primi bagliori mattutini, è più facile accorgersi dell'arrivo della primavera, con i suoi colori accesi e illuminati dai raggi freschi, con i suoi fiori delicatamente accennati. E fermarsi ad osservare il mondo così grande. E fermarsi ad ascoltare il mondo così grande. Le note della natura risuonano come violini nel vento, e piano piano si evolve un'orchestra lì, dentro lei. Dolcemente si aggiungono prima un pianoforte, poi una folcloristica fisarmonica, e poi uno xilofono a suoni acuti e tintinnati  E comincia la sua danza. Un perfetto girotondo coi petali dei fiori soffici e leggiadri, non più di lei. E girare allegramente, e girare ancora, e poi ancora solo su se stessa, fino allo sfinimento, lasciandosi cadere in quel morbido letto umido. E poi prendere la bambola di pezza, caduta insieme a lei in quel fantastico mondo, tirarsi sù, e cominciare a correre nuovamente, senza neanche salutare gli amici che teneramente, giocando con lei, l'avevano ospitata. Ma è un piccolo angelo, e le si perdona tutto...
Ed ecco: vedo un porto. E ancora quella bambina, camminare incuriosita lungo il pontile, guardando nell'acqua, alla ricerca di chissà quale altro compagno di giochi. Con forza e impazienza toglie le scarpette, poi è il turno delle ricamate calzette bianche. E si siede. Dondola le gambe, ed allunga le punte, per arrivare a condividere il suo universo anche con quel mondo. E ci riesce. Soddisfatta toglie i piedini dall'acqua. Infila prima le calzette bianche e poi le scarpette. E nuovamente se ne va senza salutare, insieme alla sua fedele compagna di viaggio.
Ed ecco: vedo una strada che non mi è nuova. Rivedo un percorso già tracciato. E vedo lei, quella solita curiosa, gustarsi tutto ciò che quel posto le regala.
 E' pronta per tornare a casa. Con l'amore della vita e delle persone che hanno imparato ad amarla, offrendole un dolcetto, o un succo di frutta.
Ed ecco. Vedo una fragile creatura, quella stessa delicata creatura, seduta su delle scalette del borgo antico....



la più dolce delle creature francesi

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