mercoledì 27 marzo 2013

'Leòn'

Buona sera a tutti.
E' da un po' che non vengo a scrivere qualcosa qui, per mancanza di tempo, a volte di coraggio, o chissà per quale altro assurdo motivo. Tralasciamo per un momento il coraggio.
Perché sono qui oggi? Beh perché ho visto un film che volevo vedere da una vita "Leòn", con Jean Reno e Natalie Portman. Volevo vederlo da una vita non soltanto per il cast (che ve lo dico a fare, lo notate già da soli!), ma anche perché apparentemente c'era questa situazione adulto-ragazzina (più che ragazzina direi una vera e propria bambina). Dirò di più: avevo desiderio di vederlo perché mi sembrava, erroneamente però, che trattasse anche della cosiddetta 'Sindrome di Stoccolma', dalla quale mi sento oniricamente affetta (La sindrome di Stoccolma è una sorta di auto-protezione che trasforma la paura di una vittima nei confronti del suo carnefice, in amore. Ho detto oniricamente, perché ringraziando Dio non ho mai subito una violenza in detti termini. Ed onirica perché quando mi capita di sognare di essere rapita, o simili, mi scatta quel meccanismo affettivo. Chissà perché mai. Qualcuno ha cercato di fornirmene una risposta).
Ritornando a noi, limitarmi a tutto questo sarebbe banale. E' che c'è qualcosa di bello di fondo, di pulito in tutta quella violenza. C'è un sottile margine di umanità. 
Sembrerà assurdo ma le due scene che ho preferito del film sono le due più improbabili. Più che di scene potrei parlare di espressioni, movenze. Il modo 'infantile' con il quale Leòn guarda meravigliato un film al cinema; quel suo accennato sorriso, come se non avesse mai visto una cosa simile, come se un cinema, o un film proiettato su un qualsiasi supporto, fosse una novità originale. E le espressioni di Matilda, quando, dopo aver visto la propria famiglia assassinata, gioca con il porco nella cucina con Leòn. Più che il personaggio di Matilda in quella scena ho adorato la piccola Portman. Il dettaglio dei suoi occhi, fissi, con la bocca semi-aperta, esprimendosi in sussurri, quasi impassibile. Era davvero promettente come attrice. L'ho trovata davvero eccezionale. E non perché oggi è diventata Natalie Portman.

La canzone che ho pubblicato non ha niente a che vedere con il film. Semplicemente, alla fine, quando Matilda interra le radici della pianta di Leòn, la scena si chiude con "Shape of my heart" di Sting. Io trovo che la canzone più bella di Sting sia "Fields of gold". Ed allora ho voluto condividere con voi un mio flusso di coscienza. Questa canzone mi ricordava un mio amico, lo chiamerò E.T. ('non telefono casa'!), non tanto per paura che lui possa leggere questo mio blog, ma per quella mia solita mancanza di coraggio (potrebbe in un futuro imbattersi per puro caso in questo mio blog). Comunque non so perché associai questa canzone a lui. Non ricordo da cosa nacque. So solo che gli volevo bene. Con il senno di poi mi rendo conto che il dubbio sul tipo di affetto che avevo per lui, era dettato dal mio bisogno di legarmi a qualcuno,  e quei miei dubbi, mi piace oggi catalogarli in quelle che sono le certezze: si trattava di un'amicizia, niente più. Ed anche se per logica sembra che sia stata io a rovinare tutto, in realtà ad uccidere quella 'cosa', disinteressata e spassionata, è stato lui. Ma è acqua passata. E a me non interessa più nulla di tutto questo. Comunque è una di quelle persone di cui mi ricorderò in futuro. Perché è stato qualcuno a cui ho regalato un pochetto di me senza un reale motivo. E' stato quel classico caso in cui, la fiducia la dai, quando dovresti lasciarla conquistare. E francamente, adesso che ci sto ripensando, credo che in nulla lui sia stato sincero. Neanche quando diceva che io lo capivo più dei suoi "veri" amici, neanche quando mi confessava che certi suoi segreti li conoscevo solo io. Ma ripeto è acqua passata. E questa parentesi volevo affrontarla, per far capire qualcosa in più di me a chi mi legge con un minimo di curiosità.
Detto questo: torno alle mie cose.
Bacibaci. Alla prossima.
Ps. Guardate il film che è eccezionale.

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